Devo essere sincero: non avrei mai immaginato che un giorno mi sarei trovato a parlare di uno degli elementi che facevano parte dell’habitat dell’infanzia, e cioè del torrente Speca. Questo torrente lo attraversavo, nel percorso che facevo dalla campagna al paese, sia nella parte bassa (re jummarerre) sia nella parte alta, alla Fontana del Fico. Nel tempo non mi è mai capitato di andare sull’argomento perché, se ne avessi parlato, gli unici interlocutori con cui condividere i ricordi del paesaggio sarebbero stati ovviamente gli abitanti di quei posti, ma mi rendevo conto che per gli stessi sarebbe stato fuori luogo parlare di un fiume perché erano gente che quando ci abitava era così carica di fatiche e presa dai bisogni più impellenti che non poteva essere nelle condizioni di poter apprezzare la bellezza del paesaggio che solo un ragazzo privo di occupazioni poteva notare.
Quando attraversavo il torrente a re jummarerre, provenendo dal paese, con l’asina lasciavo la strada asfaltata (la vianova) prima di arrivare a lu muraglione e facevo la strada sterrata e piena di ciottoli rasentando un’altura alla cui sommità c’era una masseria di cui non ricordo il nome e alla base c’era una sorgente (lu piscelicchje) e poi, più avanti, si arrivava a re jummarerre, dove di acqua ne scorreva poca sul letto largo, e le pietre che fuoriuscivano permettevano di non bagnarsi a chi attraversava a piedi. Diversa situazione era alla Fontana del Fico, dove il letto stretto sotto il ponte di pietra permetteva addirittura di sentire lo scroscio dell’acqua. Ma per chi allora dalla Fontana del Fico voleva raggiungere il paese, il percorso era completamente diverso da quello attuale (che attraverso re Ffosse si esce alle Tre Curve) perché procedeva sul fianco destro del paese, a sud, con tratti veramente scoscesi.
Scoprire oggi che lo Speca esiste ancora, come risulta dal filmato, e che ha ancora una certa consistenza d’acqua in tempi di desertificazione, è come rivedere il teatro di Sant’Angelo o il convento di San Carlo. Pensate che – ma questa è sicuro solo immaginazione – mi è parso di sentire gli stessi versi di uccelli che c’erano una volta. Quando l’estate faceva l’acquazzone, il rumore del torrente ingrossato arrivava fino alla masseria di San Pietro Ursitano. La sera al buio si sentiva il gracidare dei ranocchi.