La piazza che conosceva lo studente appena arrivato in città era quella dove si fermava il pulman: piazza San Francesco. C’erano gli alberi, la statua del santo in cima alla montagnella di terra e poi c’era quello che costituiva un’attrazione e cioè il pozzetto con l’acqua dove si buttava la monetina. Dalla piazza si raggiungeva, con la valigia di cartone, la propria pensione. Col tempo si era capito che era preferibile scendere alla prima fermata che il pulman faceva in città poco prima di immettersi nell’ex circonvallazione, anche se, col pulman che aspettava di ripartire, c’era poco tempo per salire sul tetto e prendersi la valigia col rischio di rompersi l’osso del collo. Su via Ascoli, oggi diventata viale degli Aviatori, c’era poco traffico. Era tutta campagna. Al massimo si vedeva il fabbricato del Tiro a Segno. Piazza San Francesco per noi ragazzi era più di una semplice piazza – il punto dove spesso si passava durante la passeggiata domenicale ma anche durante la settimana – perché di lì partiva il pulman e si poteva vedere qualche conoscente tramite il quale a volte si mandavano i saluti a casa. Ma si stava seduti sul muretto anche solo per osservare la sparuta macchina che passava ogni tanto girando intorno alla piazza. Poi col passar degli anni i pulmans non vi hanno fatto più la sosta. Si fermavano altrove. La piazza diventava piccola man mano che aumentava il traffico, finché è stata sommersa da questo e dimenticata.
Piazza Italia era un altro punto di incontro, con tanti ragazzi, tanti pini altissimi, tanti passeri sui rami. Quando il pomeriggio ti trovavi a passare era tutto un cicaleccio di studenti e passeri, la folla di ragazzi, i rami strapieni di passeri. Di fronte il Palazzo degli Studi dalla facciata imponente nel centro della città. Vi si accedeva tramite la scalinata. Lì c’era il liceo. Studiavano il greco e il latino. Non erano come noi che frequentavamo un istituto tecnico, il geometra, e dovevamo arrivare in periferia, quasi fuori città. O come l’altro istituto a noi vicino, l’industriale. Passati gli anni, un bel giorno Piazzale Italia è stata rasa al suolo per rifarla. È venuta fuori una spianata di cemento. Spariti gli alberi, gli studenti, i passeri, il brusìo.
Poi c’era piazza Giordano. E anche lì alberi, verde, giardini. E anche lì si è intervenuto per rifare. Via gli alberi, giù il cemento. In questo caso si era addirittura costituito un comitato per riottenere la piazza di prima. Però in verità la piazza ha solo cambiato aspetto. Sì, è più povera di alberi, però c’è verde abbastanza, anzi adesso è inserita anche in zona pedonale.
Ultima, piazza Mercato, adiacente via Arpi. Situata nel borgo antico, ospitava il mercato ortofrutticolo, tanta gente, tanti negozi, tanto movimento, finché arriva il momento che si sposta il mercato, nel frattempo nascono il centro commerciale, la gente si affolla in quest’ultimo, in altre parole la piazza rimane deserta. Sulla vetrina di un negozio superstite che vi si affacciava, tempo fa si poteva leggere il grido che la piazza rivolgeva, invocando l’aiuto di tutti per tornare in vita.