16/12/2015
LA LAMBRETTA ( DAL LIBRO " TOTO' " DIALOGO CON MIO PADRE DI NICOLA PERRELLA
di Nicola Perrella
La Lambretta
il diciotto dicembre il mio Papà Andniucc CHIARIN che tanto mi manca compie gli anni....100 ed è sempre qui con me così come te Sant'agata mia. non siete lontani ma qui perchè è qui il posto senza tempo di papa' santagatese e te paesino mio: qui dentro di me.
Nell’infanzia agli albori dei primi anni sessanta, ancora il profumo del decennio cinquanta era nell’ aria. Ripenso a quei miei primi anni tra le nebbie dei ricordi come anni in bianco nero. Bambino aspettavo che mamma annunciasse l’arrivo di papà sui tornanti delle “tre curve”, giù verso la piana con la lambretta grigio chiaro arrivare ronzante lontana, che già mi preparavo al mio compito da uomo. Venezia sarebbe stata ideale gemella del natio borgo, Sant’agata aveva solo scale, le strade carrabili erano precluse alla maggior parte delle vie. Lì i canali; qui c’erano canali di pietra a infiniti gradini in salita o in discesa, dipende dal punto dove eri. Salire la vecchia lambretta dalla strada carrabile di sotto sarebbe stata impresa ardua, scendere le scale con tale ingombro dalla carrabile di sopra era possibile a condizione che a mo di ammortizzatore qualcuno frenasse afferrando il portapacchi di dietro del motociclo prezioso.
Era grigio chiara con i due sellini neri anni cinquanta, il portapacchi cromato e sulla seconda sella una bisaccia di tela grezza per il trasporto di derrate del giorno agricolo trascorso.
La scritta cromata della lambretta a destra del faro a goccia e i fili d’acciaio dei freni inguainati con civettuole spirali di plastica bianconera che sapeva di pelle di serpente. L’odore della miscela impastata di rovente polvere estiva inebriavano i miei occhi e il mio naso. Questa era la nostra preziosa lambretta, ci andavamo in quattro: papà, mamma, Chiara in braccio a mamma io in piedi tra il manubrio e le braccia di papà. Si andava lontano, anche fino alle bestemmie di papà quando incocciato dai carabinieri partiva la multa per il carico proibito.
Scendevo correndo alla strada di sotto: “a lu pont”, aspettavo l’arrivo del mezzo che lento si fermava, salivo davanti imbracciando a quattro mani il manubrio e lentamente si ripartiva. Pilotavo insieme a papà fino alla strada di sopra, poi a motore spento si scendevano le scale verso casa lentamente badando a frenare il balzo della ruota posteriore sul gradino successivo.
Altre Foto:
Antonio Perrella