(02/05/2011)
Francesco Giuseppe Danza

Dora Donofrio Del Vecchio

Francesco Giuseppe Danza

 

Francesco Giuseppe Danza nacque a Sant’Agata di Puglia, in Vico II Sant’Angelo n. 16, l’11 aprile 1872 da Michele, barbiere, e Filomena Palazzo, casalinga, unico maschio di cinque figli. Si chiamò Francesco come il nonno paterno e Giuseppe come lo zio monsignor Danza, che fu arciprete e parroco della chiesa matrice di S. Nicola. Dopo le scuole elementari frequentate nel suo paese, studiò nel seminario di Bovino, di Otranto, di Montecassino. Qui conseguì la licenza liceale con il massimo dei voti, lode e medaglia d’oro. Non avendo la vocazione sacerdotale, pur procurando dispiacere allo zio parroco, s’iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università degli studi in Napoli, di qui si trasferì a Macerata ove si laureò in giurisprudenza con il massimo dei voti.

Nel 1896-1897 entrò in magistratura. Uditore a Napoli, pretore a San Giovanni Rotondo, Vico del Gargano, Vieste, Troia, San Severo, giudice a Lucera, giudice istruttore a Lucca, giudice e consigliere di Corte d’appello a Trani, presidente del Tribunale a Foggia, consigliere della Corte d’appello dell’Aquila. Nel febbraio 1926 fu chiamato a presiedere a Chieti il famoso processo Matteotti. Nel 1928 fu promosso Consigliere di cassazione destinato a presiedere il tribunale di Torino, ove celebrò un altro grande processo, quello di Bruneri-Canelli (donde il film interpretato da Totò “Lo smemorato di Collegno). Subì un attentato il 13 giugno 1932 e, ritenendosi salvo per miracolo, volle ritornare al suo paese per ringraziare S. Antonio di Padova e il S. Cuore. Da Torino passò a Bari come primo presidente della Corte d’appello delle Puglie. Vi giunse il 20 luglio. Nel 1933, ebbe l’onorificenza di Grand’Ufficiale della Corona d’Italia e, su proposta del capo  del Governo  Benito Mussolini, il Re  nel 1934 la nominò Senatore del Regno d’Italia. Nel 1935 fu trasferito a Roma per incarichi speciali presso il Ministero di Grazia e giustizia. Nel 1936 fu insignito dell’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro.

IL 30 giugno 1900 sposò la nobildonna santagatese Barbato Olimpia Maria Libera, da cui ebbe tre figli, Giuseppe, Gilda, Michele Vittorio Antonio. Abitò in Via Dante. 

I santagatesi lo chiamavano don Ciccio (ron Cicce Ranza), ed ogni volta che tornava in paese era accolto dalla banda musicale e da tanti amici. Contribuì al miglioramento delle condizioni del suo paese e diede un contributo decisivo alla risoluzione del problema dell’approvigionamento idrico dalle sorgenti dell’Acquatorta.

Era d’aspetto prestante e signorile, aperto, leale, aveva notevole cultura ed una profonda fede. Dotato di voce tenorile, cantava durante le Tre ore di agonia del Venerdì Santo nella chiesa matrice di S. Nicola. Colpito da malattia cardiaca, assistito amorevolmente dalla famiglia e dagli amici, si spense a Sant’Agata, il 25 febbraio 1938. Solennissimi i funerali che si tennero il 27 febbraio, per i quali arrivarono a Sant’Agata  numerose autorità fasciste e molti estimatori. La gente era tanta che molti, per assistere alla sfilata del corteo funebre, preceduto da diecine di corone, salì sui tetti. (Da D. Donofrio Del Vecchio, La Casa del Sacro Cuore di Gesù in Sant’Agata di Puglia da mons. Donato Pagano a Michele Perrone, Grenzi editore, Foggia, 2010, pp. 264-265, nota 11).