(05/05/2022)
Il culto della Vergine Immacolata a Sant’Agata di Puglia e l’opera L’Immacolata tra S. Bonaventura da Bagnoregio e il beato Andrea Conti.


di Dora Donofrio Del Vecchio

Il culto per la Vergine Immacolata a Sant’Agata di Puglia è stato fortemente sostenuto dai Padri francescani, essendo la Vergine particolare protettrice del loro Ordine. L’altare con statua lignea della Vergine era nella chiesa di S. Carlo dei Padri Francescani Riformati (presenti a Sant’Agata dal 1613 alla seconda metà dell’Ottocento) e nella chiesa della Ss.ma Annunziata dei Padri Francescani Conventuali (presenti dal 1443-al 2012- con una interruzione di 144 anni per la soppressione napoleonica). La bella statua lignea della chiesa di S. Carlo si conserva nella chiesa parrocchiale di S. Angelo.Un culto confermato e cresciuto nel tempo, come conferma la costituzione nella chiesa della Ss.ma Annunziata della confraternita dell’Immacolata nella seconda metà del 1700, che ebbe il regio assenso dal re Ferdinando IV di Borbone il 4 giugno del 1800. Si costituì sul ceppo della confraternita della Ss.ma Annunziata di patronato francescano per cui indifferentemente si chiamò dell’Annunziata e dell’Immacolata. Il 9 dicembre 1953, anno mariano, i Padri Conventuali costituirono la Milizia di Maria Immacolata; l’8 dicembre 1954, centenario della proclamazione del dogma dell’Immacolato Concepimento di Maria con l’enciclica Ineffabilis Deus di papa Pio IX, essi consacrarono Sant’Agata all’Immacolata e, per diffonderne il culto, donarono la statua della Vergine alle scuole, alla Casa del S. Cuore di Gesù, agli uffici (Poste, Comune, Pretura, Carceri). Il Santo Padre il 12 dicembre inviò il telegramma:Augusto Pontefice paternamente compiacendosi consacrazione Santagata Puglia Vergine Immacolata a coronamento Anno Mariano ringrazia clero religiosi conventuali e fedeli per loro unanimi preghiere auspica in tutti intenso rifiorire celesti virtù sotto sguardo protettore Celeste Regina et Avvocata con implorata confortatrice benedizione apostolica. 
Nel 1954 gli stessi Francescani Conventuali del convento della SS.ma Annunziata istituirono la “peregrinatio” di Maria nel mese di maggio con tre statue della Vergine, di cui una girava per le masserie. Ne curava l’avvicendamento la signora Marianna Cela, poi Carmela Locurcio e Franca Perrella.Già nel 1950, Anno Santo, la pia pratica della Madonna Pellegrina (attualmente sospesa causa Covid), era stata promossa dalla signorina Anna Rosati e da Nicola Donofrio. Seguendo un elenco di famiglie ed un calendario, la Vergine Immacolata girava  per le case e in ciascuna sostava per un giorno. Dinanzi alla sacra immagine la famiglia si riuniva, pregava, recitava il S. Rosario. Lo stesso Donofrio fece pervenire da Ortisei oltre duecento piccole statue della Vergine che, benedette, furono collocate nelle case di altrettante famiglie, le quali adottarono la pratica del S. Rosario quotidiano.L’immagine dell’Immacolata era anche sulla campana grande della chiesa della Ss.ma Annunziata con la scritta …O sacrum aes / sonitu exita fidelium corda. Deus placetur. Ecclesia triunphet. Convertantur impii. / Virgine Immaculata Cui dicatum benediceris. Intercedente. MDCCCLXXVIIII.
All’Immacolata Concezione (la “Madonnina”) è dedicata una cappella rurale a Vallo del melo. Nel timpano si legge: TU CHE PASSI / PER QUESTA VIA / RICORDATI DI SALUTAR MARIA
Ed una preghiera così saluta la Vergine:Bbongiorne, Maronna miaTu sì la mamma miaImmacolata ConcezzioneRamme la sanda benerezzione. 
L’opera  L’Immacolata tra S. Bonaventura da Bagnoregio e il beato Andrea Conti nella chiesa della Ss.ma Annunziata, recentemente restaurata, s’inserisce in questo tradizione devozionale ed ha una sua storia. Storia venuta alla luce dalle mie ricerche che s’inserirono nel filone degli studi francescani nella  ricorrenza dell’ottavo centenario della nascita di S. Francesco d’Assisi, e che consentirono la pubblicazione del volume “Presenza francescana in Sant’Agata di Puglia, Casa Editrice Adda, Bari, 1982”, Il decreto n. 448 del 7 agosto del 1809 firmato da Gioacchino Murat sanciva la soppressione degli ordini religiosi possidenti, quindi anche quello dei nostri Francescani Conventuali. Le loro proprietà furono confiscate dallo Stato. Essi dovevano lasciare il convento entro il 15 ottobre e potevano dividere tra loro solo i mobili appartenenti alla comunità, escludendo tutto il resto, cioè libri, arredi sacri, quadri, statue, campane, ecc., beni che erano riservati allo Stato e che avrebbero avuto altra destinazione. Incaricati a controllare la consistenza di questi beni presso chiesa e convento e farne attento elenco furono due decurioni dell’Amministrazione comunale, i più anziani e capaci di leggere e scrivere, e un agente del demanio alla presenza di testimoni. I beni andavano elencati in inventari distinti. Il secondo  riguardava “Arredi del servizio del culto” e comprendeva anche quadri e statue delle chiese.  A Sant’Agata l’ingrato compito ricadde su Francesco Contillo secondo eletto al posto del sindaco Alfonso Volpe, su Gerardo Orlandella, decurioni più anziani del Comune, e Vincenzo Malleone giudice di pace. Furono presenti Boezio del Buono e il notaio Gerardo Zefilippo.  Il padre guardiano era Vincenzo Vitagliano di Lucera. L’inventario degli “Arredi del servizio del culto” fu redatto il giorno 16 settembre 1809. Nell’elenco figurano in tutto sei quadri, di cui tre erano nella sacrestia e tre nella chiesa. Nella chiesa erano i quadri della Ss.ma Annunziata, del Ss.mo Rosario, di S. Agata; nella sacrestia erano i quadri di S. Vito, di S. Lucia, “di S. Bonaventura , e Concezione”. Quest’ultimo è il nostro quadro, “di palmi otto di lunghezza, e cinque di larghezza”. Fu valutato ducati tre e non fu destinato allo Stato perché ne era proprietaria la Confraternita dell’Immacolata. Dei sei è il solo quadro a noi pervenuto. Diamo ora una lettura dell’opera e  vediamo da vicino i personaggi. L’opera, di sicura committenza francescana, rappresenta l’Immacolata Concezione tra due grandi francescani, a destra di chi guarda è  il beato Andrea Conti, a sinistra S. Bonaventura di Bagnoregio. L’iconografia ha rappresentato l’Immacolata secondo i simboli del Cantico dei cantici (paragonata agli astri, al sole, alla luna) e secondo gli attributi dell’Apocalisse (la corona di dodici stelle, la luna sotto i piedi, l’alone di luce) ma con il tempo tanti simboli sono andati scomparendo e l’immagine della nostra Immacolata è quella della Donna che vince il peccato originale e schiaccia il capo del serpente tentatore. È un’immagine dolcissima che irradia tanta luce. Il beato Andrea Conti (de Comitibus) è conosciuto anche come Andrea da Segni o Andrea da Anagni, ove nacque nel 1240. Apparteneva alla nobile famiglia dei conti di Segni e suoi familiari furono i papi Innocenzo III e Gregorio IX. Era nipote di papa Alessandro IV e zio di Bonifacio VIII. Fu sacerdote dei Minori francescani e, da autentico francescano, fu modello di perfezione e umiltà. Volle vivere la vera povertà evangelica e perciò rifiutò la nomina di cardinale pervenutagli dal nipote papa Alessandro IV e le insegne cardinalizie, tra cui il cappello rosso che nel quadro vediamo ai suoi piedi, fattegli pervenire nel 1295 dallo zio papa Bonifacio VIII. Fu un uomo colto e scrisse sulla Vergine Maria. Morì a 62 anni, il 1 febbraio 1302. Le sue spoglie mortali sono nella chiesa del convento del Monte Scalambra da Piglio (FR), convento in cui trascorse anche da eremita molto tempo della sua vita. Fu dichiarato beato da papa Innocenzo XIII l’11 dicembre 1724 ed è in corso l’iter della canonizzazione. La figura che è a sinistra di chi guarda l’opera rappresenta S. Bonaventura da Bagnoregio (VT), sul cui capo un angelo pone il cappello cardinalizio. Grande figura di francescano, S. Bonaventura nacque nel 1221, morì a Lione, in Francia, il 15 luglio 1274. Fu denominato doctor Seraphicus, dottore della chiesa. Fu un grande pensatore e scrittore francescano e rifulse negli studi teologici e filosofici. Insegnò alla Sorbona di Parigi, fu vescovo di Albano, fu ministro Generale dell’Ordine dei Frati Minori dal 1257 al 1274 e fu creato cardinale da papa Gregorio X l’11 novembre1273. È autore di numerose opere tra cui la Legenda maior Sancti Francisci e l’Itinerario della mente verso Dio. Dalla Legenda maior, biografia di S. Francesco d’Assisi. Fu canonizzato da papa Sisto IV il 14 aprile 1482. La sua memoria ricorre il 15 luglio. Ci troviamo di fronte ad un’opera d’arte di un certo pregio. Un lavoro colto da collocare tra la prima e la seconda metà del Settecento, concepito non prima della beatificazione di Andrea Conti avvenuta, come detto, l’11 dicembre 1724. E non è da escludere che a far realizzare l’opera abbia contribuito mons. Antonio Lucci, francescano conventuale, vescovo di Bovino per 23 anni, dal 1729 al 1752. Il Lucci,  grande studioso di filosofia e teologia e profondo conoscitore di S. Bonaventura, scrisse un’opera sui santi e beati francescani conventuali pubblicata nel 1739. Il progetto pastorale di mons. Lucci ebbe obiettivi molto precisi da realizzare in ambito religioso e nel sociale e mirò anche ad educare “alla cura della casa di Dio e delle cose sante”. Egli fu a S. Agata molto spesso anche per le Visite pastorali. Nel 1729 riconsacrò la chiesa della Ss.ma Annunziata annessa al convento dei francescani conventuali, consacrò tutti gli altari, benedisse lo stemma in pietra dell’Annunciazione posto sulla facciata della chiesa nel 1741. Nel 1751 benedisse l’altare della Ss.ma Annunziata ricostruito in pietra del Calaggio per il quale ottenne con Breve di papa Benedetto XIV il privilegio quotidiano perpetuo e libero per le anime dei defunti, il 4 ottobre dello stesso anno. L’altare fu insignito dal Ministro generale dell’Ordine l’11 gennaio 1753.  Il Lucci nel 1744 fece restaurare la chiesa matrice di S. Nicola e la parrocchiale di S. Angelo, benedisse la chiesa della Vergine del Carmelo costruita dalla confraternita e seguì i lavori per la costruzione dell’ospedale annesso alla chiesa della Ss.ma Trinità che lui volle ampliare di nuovi edifici nel 1739, due reparti separati, quello per le donne e quello per gli uomini. Ora si cerca di dare un’attribuzione all’opera e inserirla in una corrente artistica. È perciò allo studio della prof. Mimma Pasculli, docente di Storia dell’arte dell’Università degli Studi di Bari.