(24/11/2021)
Storia di donne - Storia di emancipazione
Per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne – 25 novembre 2021.

di Dora Donofrio Del Vecchio




A Chiara, a Francesca, a Lucia, ad Angela, a Maria Cristina. A tutte le donne santagatesi. Al loro talento. Alle loro mani sapienti.
L’interesse crescente per il ricamo ci conferma l’amore per un’arte che sembrava superata dall’introduzione dei prodotti industriali e che invece, solo sopita, non ha mai perso il suo fascino strettamente legato al costume e alle attitudini della donna. E ci piace scoprire che, pur essendo la donna d’oggi impegnata in mille attività, ritrovi nel ricamo motivi che valorizzano le sue capacità creative. Rivisitando l’archivio dei ricordi, ci accorgiamo che l’immagine della donna che fila, che tesse, che ricama o fa crochet è a noi molto familiare. Rivediamo le nostre nonne e le nostre mamme, nei caldi pomeriggi di primavera e d’estate, chine sui telai a ricamare, a sferruzzare o a fare la “puntina” con il crochet, da sole o in gruppo, sedute sull’uscio di casa. Le rivediamo nella calda intimità della casa, bella anche se povera, all’incerta ed avara luce del lume a petrolio, intente a produrre manufatti utili a coprire dal freddo sé stesse ed i propri cari, a decorare capi di arredo e di corredo. Ore sottratte al sonno o al riposo, pur necessario dopo una giornata di lavoro spesso trascorsa nei campi. Immagini e sentimenti che richiamano la cultura del vicolo e del vicinato, ma anche dolci atmosfere familiari fatte di cose semplici e buone, di tempi in cui ricamare o sferruzzare voleva dire “benessere” e pace.Le abbiamo viste tante volte noi ragazze quelle donne al lavoro, ma poco allora comprendevamo del loro impegno, nella fretta che avevamo verso il futuro. Poi, mature, abbiamo ammirato quelle abilità ed avuto a cuore quel manufatto su cui con ago e filo hanno scritto per figli e nipoti interminabili storie d’amore.Esse non sapevano che ricamando entravano nel mondo delle arti decorative e certamente nessuna di loro ha mai firmato un elaborato perché, forse, non sapevano leggere e scrivere. Eppure con l’ago riuscivano a scrivere, copiando date e dediche.Con i loro lavori hanno dato un contributo all’economia della famiglia, alla cultura, all’arte. Hanno contrastato a lungo il lavoro della macchina e tenuto alto il valore della tradizione salvando una forma di artigianato in un momento storico in cui l’artigianato crollava a vantaggio del prodotto industriale. Quanti sacrifici, quante rinunzie, quante ore di solitudine per un copriletto a chiacchierino, “il pizzo dei poveri”, o a crochet, per quel pizzo che ornava bordi di camicie e tovaglie, per quel delicatissimo ricamo su lenzuola e cuscini, per quello “sfumato” di copriletti e tovaglie che sembrava pittura! E quanta devozione o voti sono stati espressi con il ricamo nei paramenti sacri e nelle tovaglie che ornavano gli altari delle nostre chiese! Quante sofferenze della vita per fidanzati e padri in guerra e distacchi o abbandoni  sono state lenite da quest’attività.Ma quanti momenti felici si sono festeggiati con i più bei capi ricamati: nascite, battesimi, fidanzamenti, tavolate gioiose. E che dire della partecipazione alla sacralità delle processioni del Corpus Domini o dei santi patroni, quando si apparecchiavano le strade processionali con coperte e lenzuola ricamate che pendevano da balconi e finestre? Merita di essere ricordato e valorizzato questo ricco patrimonio al femminile in cui si leggono tante storie di costume e di tradizione, ma soprattutto di mani sapienti e animi gentili.Ben dice l’Ostaus:Qui l’ingegno donnesco, oltre se stesso/leverai, per far con l’ago, quanto/Da poeta ò pittor mai fusse espresso./Qui si vedrà che s’assomiglia tanto/La donna al Creator, fingendo spesso/Le vere cose, con la figura, e ‘l manto. 
Da D. Donofrio Del Vecchio, Alla riscoperta dell’antica arte del ricamo. Tele e ricami nel Subappennino dauno, Fondazione Chiara Clemente Cutolo, ediz. del Rosone, Foggia 2006.