(12/04/2019)
LETTERA DI UN SOLDATO SANTAGATESE ALLA MADRE


di Redazione

 

Cara  Matre

Appena  arrivato a Firenze, ti scrivo la presente lettera per dirti l’ottimo stato della mia salute, come spero di te e di zio Velaso.

Appena  giungiuto, mi  sono presentato alla Caserma che è un grande palazzo, vicino ad un fiume, come se fosse il Calaggio.

Non ti prendere faglia per me, perché ho gia visto che qui mi fa l’aria. Solo che la sera ci sono certi zamparicoli che se ti pungiono, ti fanno alzare re vessiche.

Qui a Firenze mi insegno anche la lingua italiana, perché io ho fatto la seconda industriale a Cirogna e lì la lingua era in dialetto.

Non ti prendere corla se non ti posso mandare la fotografia da soldato, con la divisa, perché la foto sta a svilupparsi.

Ieri ha menato un vento terribile che si infrizzilava anche nella camerata, e per poco non ho preso un antichizzo.

Quando ho fatto il C.A.R., tra tre mesi vedo di farmi trasferire a Foggia. Ma mi hanno detto che ci vuole una raccomandazione, e la più cosa meglio sarebbe una raccomandazione del nipote di zio Velaso quello che sta alla Cartiera.

Non farti nzanzavigliare  per il matrimonio di Ngurnatella, perché quando vengo io in licenza, me la vedo io con quel musso  di puorco del fidanzato, quello che tene lu nese a calatura re cascia.

Qui mi vogliono un bene pazzo, e mi portano gia in chianta re mene. Solo ieri quel mostro di cristiano del sergente maggiore mi ha dato due più due, perché io mangiavo le amennele che ho portato nella balicia, e mentre le scucchioleiavo, ammuntonavo re cocchiole nel rasolino del giardino vicino alla Caserma, il sergente ha detto che io facevi il cutino, e non mi ha fatto nemmeno paiolare. Non stare con l’erica perché io qui non faccio nulla e sto come il cavallo alla stalla. Solo che qualche giorno facciamo le esercitazioni nel cortile e c’è  un sergente che ha la iastema e avanti e indietro, ci fa prendere la ventrena. Quel mostro di cristiano ha un brutto carattilo, mentre tutti gli altri sono buoni che te li puoi mangiare come il pane e bere in un bicchiere d’acqua.

Oggi ho domandato ad un compagno di camerata : “ Come ti metti “ Lui non mi ha risposto e si è messo a ridere. Quel cretino che è della Italia settentrionale e  parla a perda re ciucce, si crede di essere struito, ma non tiene nemmeno la terza classe. Siccome io tengo la seconda industriale, spero di potermi infrizzilare in fureria, per stare come un signore e stare veramente come il cavallo alla stalla.

Perché , cara matre ; qui si dorme poco e quando suona la sveglia io mi rescito senza essermi assonnato. E anche il mangiare è come una vommucatura di gatti.

Cara matre, mi è venuto il guliscio del vino cotto, quello che si mette sui susumierrd, stipamene una stizza per quando vengo in licenza.

Non ho altro, tanti cari bacioni dal tuo affezionatissimo figlio e saluti a tutti quelli che domandono di me, a Ngurnatella, e zio Velaso, a tata, e ai vicini di casa

Tratto dal Rivista L’INCONTRO dell’Associazione dei Santagatesi  residenti  in Roma