(11/02/2019)
UN UOMO, UNA STORIA, UN PAESE ANTONIO MELINO E SANT'AGATA DI PUGLIA


di Antonio Castello

 

di Antonio Castello 

Non sono mai state scritte parole a sufficienza per descrivere l'attaccamento di un uomo alla propria terra, al paese di origine. Spesso si trascorrono soltanto pochi anni, quelli della fanciullezza, non sempre quelli dell'adolescenza. Il legame rimane tuttavia forte. Culturalmente ti formi altrove, stabilisci amicizie nuove e importanti, ti inserisci in un mondo lavorativo di prestigio, qualche volta ti sposi anche, ma gli odori, i sapori, le sensazioni del luogo di origine non si perdono mai. Quel legame rimane indissolubile per tutta la vita. Come la luce negli occhi che si accende quando si sente parlare il proprio dialetto, quella voglia e quell'orgoglio di far conoscere a tutti le bellezze e le bontà della propria terra, di comunicare al mondo intero la propria appartenenza.                           Ad Antonio Melino, nato nel lontano 26 maggio del 1912, tutte queste sensazioni erano naturali. Amava viverle, ma soprattutto esternarle. Come faceva con il sottoscritto che ha avuto la fortuna di  stargli vicino per buona parte della sua vita. Dal 1976 al 1994, non c'è stato lunedì che non ci si vedeva. Lavoravamo nello stesso stabile di Via Morgagni, ma era il lunedì che avevamo fissato, senza un preventivo accordo, di vederci. Per commentare principalmente la domenica sportiva e le vicende della Roma, la sua passione calcistica. Spesso si parlava anche di politica e delle vicende che connotavano la vita sociale di questa povera Italia, si parlava di lavoro e del mondo che ci circondava in seno all'Enpdep, l'Istituto che per diverso tempo  ci ha visto collaborare l'uno accanto all'altro, sia pure in contesti diversi. Non potrò mai dimenticare il suo rituale mattutino: un cappuccino, che si faceva portare dal bar, nel quale amava inzuppare non il proverbiale cornetto, ma un “tarallo”. Le sue antiche abitudini, malgrado una vita trascorsa quasi esclusivamente a Roma, non le aveva mai abbandonate. Per molti, Sant'Agata poteva rappresentare solo un ricordo. Per lui no. Come dimenticare la frenesia che lo invadeva quando si approssimava il periodo delle vacanze. L'attesa di partire per Sant'Agata, dove avrebbe ritrovato i suoi amici d'infanzia, con i quali amava passeggiare per ore, sulla Piazza o lungo il Corso, diventava spasmodica.  I giorni erano sempre pochi, ma sufficienti per ritornare ad assaporare la gioia di parlare il dialetto e degustare quei piatti tipici ed esclusivi della nostra gastronomia.

Dopo le scuole elementari, era stato costretto ad “emigrare” per andare a conseguire, non so dove,  il Diploma Magistrale. Non si era mai laureato, ma la sua cultura era immensa: spesso amava  declamare  versi latini o citare i classici della letteratura italiana.

Era giovanissimo quando vinse un concorso come dirigente presso il Comune di Roma dove si trasferì, lasciando a Sant'Agata la sua amata madre, Vita Maria, che sentiva quasi tutti i giorni, nella sua casa natale di Via del Perillo. 

Nella Capitale, per la sua solerzia, discrezione e alta preparazione professionale fu scelto dall'Avv. Urbano Cioccetti, consigliere comunale, a dirigere la propria Segreteria particolare. Quando, il 27 dicembre 1957, il sindaco di Roma, Umberto Todini, si dimise dalla carica per presentarsi candidato   alle elezioni indette per il rinnovo del Senato. Urbano Cioccetti, già assessore delegato (ossia vicesindaco) dal giugno 1956, fu designato dalla direzione generale della Democrazia Cristiana quale successore del sindaco dimissionario. Cioccetti fu eletto l'8 gennaio 1958.

Con l'ascesa di Cioccetti a Capo dell'Amministrazione Capitolina, inizia in parallelo l'ascesa anche  di Antonio Melino che diventa l'uomo di riferimento per tutti gli affari personali e politici del nuovo Sindaco. Plutarco avrebbe inserito la biografia dei due nella sua “Vite Parallele” tanto erano simili a quelle da lui descritte, con tutti i vizi e le virtù, nella sua celeberrima opera.  Cioccetti, tra l'altro, era strettamente legato agli interessi del  Vaticano e la religiosità di entrambi era conclamata da una condotta morale al di sopra di ogni sospetto. La considerazione che gli Alti Prelati della Chiesa avevano per l'uomo Cioccetti era immensa, così come  per l'azione politica da questi condotta che lo portarono presto a tutta una serie di riconoscimenti e onorificenze, come la nomina a Cameriere di Cappa e Spada (personalmente attribuita da Pio XII) e quella di Membro del Consiglio di Amministrazione dell'”Istituto di Credito Finanziario”, a capitale interamente vaticano. Fu inoltre vicepresidente dell'Azione Cattolica e presidente dell'O.N.M.I. Per quest'ultimo ente , Cioccetti ideò le “Giornate nazionali della madre e del bambino”, coincidenti con la festa dell'Epifania, e realizzò “Case” per l'assistenza medica della maternità e del bambino. Ma fu, soprattutto il Sindaco di Roma durante le Olimpiadi del 1960 in occasione delle quali fece approvare il nuovo piano regolatore avviando alcuni notevoli interventi infrastrutturali dagli effetti dirompenti sullo sviluppo urbanistico di Roma.  In vista dell'allestimento dei Giochi della XVII Olimpiade, con i fondi della cosiddetta “legge Pella” (provvedimenti straordinari per Roma), fu aperta, ad esempio, la "via Olimpica" e  con il taglio di Villa Doria Pamphili e la demolizione della chiesetta del Bel Respiro, furono realizzati, il Villaggio Olimpico e il viadotto di Corso Francia. Notevoli furono comunque tutti gli altri interventi cui dette avvio, dal completamento del quartiere EUR ai sottopassi sul Lungotevere.

La carriera politica di Urbano Cioccetti ebbe termine il 29 aprile 1961 a seguito di dimissioni volontarie conseguenti al mancato appoggio di alcune formazioni politiche nazionali.

Successivamente al suo ritiro, Cioccetti ricoprì l'incarico di presidente dell'ENPDEP (Ente di previdenza per i dipendenti di enti di diritto pubblico) ed ebbe significativi incarichi collegati sempre con il Vaticano. Fu presidente dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù sotto la cui gestione iniziò ad acquistare quel prestigio mondiale di cui oggi gode, della Peregrinatio ad Petri Sedem e del Circolo San Pietro, di cui celebrò il centenario.

Urbano Cioccetti morì il 9 maggio 1978 apprendendo dal telegiornale la notizia del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro cui era molto legato. Sembra che in un covo delle Brigate Rosse, fosse stata rinvenuta una lista comprendente anche il suo nome.

Con la morte del suo mentore, però, non si fermò l'attività di Antonio Melino che continuò a rimanere, sia pure in pensione, a capo della Segreteria del Presidente dell'ENPDEP, fino a quando, con l'istituzione dell'INPDAP, non ritenne di dover dire basta ad una carriera lunga, prestigiosa e piena di soddisfazioni. Numerosi gli incarichi e i riconoscimenti ricevuti: tra l'altro fu nominato Economo dell'Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme alle dirette dipendenze del Vaticano.

Per la comunità santagatese di Roma è stato sempre, dal dopoguerra in poi, un punto di riferimento imprescindibile. Quante siano le persone che Don Antonio (come era affettuosamente chiamato dai compaesani) abbia in qualche modo aiutato e sostenuto, quando non anche prelevate dal Paese e letteralmente trapiantate nella Capitale, è difficile dire. Sicuramente qualche centinaio.

Benchè già esistente, fu lui che dette impulso all'Associazione Romana Santagatesi di cui fu presidente, praticamente fino alla sua estinzione.

Morì nella sua casa di Roma per un malore improvviso il 21febbraio 1994 lasciando in tutti coloro che lo avevano amato e conosciuto un vuoto incolmabile. Meteorologicamente era un giorno freddo e piovigginoso ed io non potrò mai dimenticare la telefonata affranta di mio padre, con il quale si sentiva quasi quotidianamente, che mi comunicava il decesso. Così come non potrò mai dimenticare l'andirivieni di personalità, amici o semplici conoscenti che si recarono in Via Napoleone III, la sua casa romana, a rendergli omaggio. Riposa, e non poteva essere altrimenti, nel cimitero di Sant'Agata. Sarebbe il caso che l'Amministrazione Comunale ricordasse, benché non sollecitata da alcuno, di aver avuto tra i suoi figli più prestigiosi una figura come Antonio Melino.