(29/11/2018)
IL SENSO DELLA SOLIDARIETA' COLLETTIVA


di Rina Di Giorgio Cavaliere

 

di Rina Di Giorgio Cavaliere

     Se un messaggio, in tempo di globalizzazione mondiale, dev’essere indirizzato all’umanità, questo non può discostarsi dalla condivisione; quel valore aggiunto, assoluto, ma spesso trascurato e messo in disparte di fronte all’evolversi di situazioni, in cui l’individualità dei singoli prevale. La Giornata nazionale della colletta alimentare e la Giornata mondiale dei poveri ci sollecitano a non disconoscere l’esistenza di persone oppresse dal dramma della fame, della malattia e del sottosviluppo; partire dalla conoscenza delle nostre realtà, per soffermarci poi sulle condizioni di vita di altri popoli.
La stragrande maggioranza della popolazione mondiale vive in condizioni di sottosviluppo; l’Occidente non è stato in grado di far fronte a questa situazione se non attraverso strategie di sfruttamento o di cooperazione assistenziale. L’invito della Chiesa cattolica, in particolare il monito del Papa sull’ingiustizia che è la radice perversa della povertà, ci richiama al concetto di libertà, non garanzia di isolamento egoistico, ma garanzia di espansione sociale: il senso della solidarietà collettiva. Organismi internazionali come l’Onu, la Fao e Save The Children tendono a far inserire nei programmi governativi, sociali ed educativi iniziative e progetti rivolti al progresso dei Paesi più poveri. Viviamo nella cosiddetta civiltà dell’immagine, di cui spesso si fa uso e abuso, ma che a volte è capace di rappresentare l’emergenza nella maniera più significativa, come nel messaggio televisivo promosso dall’Unicef sulla grave crisi alimentare che imperversa attualmente in Africa. 
Vanno ricercate le cause lontane e vicine di molti fenomeni meteorologici e climatici che determinano la siccità e la desertificazione di alcune zone del mondo; lo sviluppo del deserto e l’emigrazione. Messe in luce le azioni benefiche di alcuni governi e quelle negative di altri, che hanno consentito la distruzione di boschi e foreste o hanno portato a spese enormi per l’acquisto di improduttivi armamenti.      Osservando l’agricoltura mondiale si assiste a disarmonie pericolose; nei paesi industrializzati, spinta da grandi progressi scientifici e tecnici, è entrata in una fase di transizione, mentre nei paesi sottosviluppati continua a non dare prodotti in quantità sufficiente ai bisogni interni. Vanno chiarite e illustrate, infine, alcune importanti questioni quali la distribuzione ineguale delle risorse, la mancanza di giustizia sociale e la inidoneità delle strategie messe in atto per aiutare i poveri della Terra.