(08/09/2018)
POETI E SCRITTORI SANTAGATESI VITO LOCURCIO ,"LA PALLA DI GOMMA BIANCA"


di MaestroCastello

“La palla di gomma bianca.”
Via Barbarito era una delle strade più chiassose del paese. Situata tra due rioni affollatissimi, quello della chiesa madre e quello del Castello, era il raccordo di tutti i ragazzi delle due contrade.
Cominciava dallo stretto Vicolo del Forno e finiva, dopo oltre sei o settecento metri di lieve pendenza, verso la casa di don Pasqualino il dottore. Da un lato si apriva ai declivi disabitati del monte, ricchi di acacie e di olmi, e dall’altra s’insinuava nel cuore del paese, fitto di straducole e di rampe che non finivano mai.
La gente che la abitava era la più paziente e la più costante nel suo genere di sopportazione, costretta a tollerare tutti i giochi che i ragazzi architettavano, imprevedibili per azione e fantasia.
Ma quella mattina la strada era piuttosto silenziosa: i suoi vivaci protagonisti erano in crisi : stavano giurando in cuor loro di non usare più la palla di stoffa che si erano preparata con tanta cura, riempiendo una calza di lana doppia con stracci di fortuna.
Ai primi calci di partita, Tonino si era dovuto ritirare con una scarpa sorridente, come aveva detto quella irascibile di comare Tania, quando era andata a riferire il fatto della scarpa rotta alla madre del ragazzo, sua vicina di casa.
Ed erano corse scopate un po’ per tutti, colpevoli di collaborare da mattina a sera, con quel maledetto gioco, alle disgrazie altrui.
Ora, con un muso lungo così, seduti sul gradino del portone del palazzo signorile, stavano a rimuginare rivalse circa l’accaduto ed a rinfocolare motivi di vendetta per la ruffiana, che non si era fatta i cavoli suoi. La scarpa, l’avrebbe potuta aggiustare “zitto e quieto “ Luigino, il fratello di Iuccio, che faceva il garzone calzolaio e nessuno si sarebbe accorto di nulla.
Intanto la sera, con le solite incertezze ed ombre, intervenne puntualmente a placare gli animi dei ragazzi, i quali si composero nella gioia dei sogni migliori, tra le coltri del letto di casa.
Il giorno successivo, sabato, si annunziò con uno splendido sole e con il solito chiasso di galline che chiocciavano a gara sotto l’inferriata del terrazzino della casa di Tonino, già in piena attività di servizio, intento a distribuire mangime ai polli. "La madre, insieme alla figlioletta Paola, era affaccendata perché tra poco sarebbe arrivato da Roma lo zio Mauro, tenente dell’esercito e perciò il dio dei sogni dei nipoti.
Gianni, sempre dinamico e imprevedibile per i fatti suoi, era impegnato con un tal pezzo di pane rotondo, che avrebbe potuto sfamare l’intera figliolanza. Mancava il papà, sceso al garage, ad attendere l’arrivo del postale che avrebbe dovuto recare il fratello in paese dopo un’assenza di diversi anni.
Fervevano dunque i preparativi in casa Lorena quella mattina e regnava nell’ambiente domestico, col profumo della buona cucina, un sereno clima di gioia familiare. 
Le moine che i nipoti riversarono sullo zio, stanco per il viaggio, possiamo essere facilmente immaginate, specie se si pensa alla consegna dei doni che l’uomo fece, non appena aperta la valigia. L’urlo di gioia dei ragazzi richiamò dalla strada i piccoli amici, che avevano d’istinto intuito aria di festa nella casa dei vicini: Tonino era raggiante di felicità , mostrando una palla di gomma bianca, grande come un uovo di struzzo.
La gioia si trasmise alla combriccola in un battibaleno e tutti si ritrovarono, saltando quegli undici gradini che dividevano il pianerottolo dalla strada, nell’ideale ambiente, sull’acciottolato amico, con in mente i disegni più rosei di partite di calcio.
E Tonino sferrò il primo calcio alla palla per trasmettere la frenesia del gioco agli amici. La sfera carambolò da un muro all’altro; saltellò impetuosa e frenetica urtando questo e quello scarico di grondaia e, poi, s’infilò tragicamente nella casa, dall’uscio spalancato, della comare Tania.
Questa, intenta com’era a spellare patate lesse che dovevano se per impastare il pane, senza scomporsi, infilò sadicamente il forchettone... nella bella palla bianca di gomma! I fanciulli ne rimasero allibiti, senza fiato... Solo Gianni sbottò In un improperio contro la donna, che, come un’esaltata:
- Così imparate un’altra volta! .... - gridava, quasi a giustificarsi; invece fu proprio questa volta che la vendetta dei ragazzi venne e fu vissuta da tutta la comunità della strada tra il tragico e il ridicolo.
Si stava fabbricando, fuori del paese, verso il pendio del monte, un sottano per maiali e vi era disponibile tanta di quella malta da stuzzicare il desiderio di chiunque per giochi arditi di costruzioni. Poiché Pasqualino era l’architetto della compagnia, sempre pronto a strutturare forni per arrostire fave, suggerì l’idea del complotto, che, manco a dirlo, fu accettata da tutti, all’unanimità.
La serata trascorse stranamente tranquilla in Via Barbarito: il silenzio inconsueto incuriosiva gli abitanti, che però non riuscivano a darsene spiegazione. La combriccola del chiasso, come chiamavano quel gruppo di fanciulli scalmanati, che solitamente animava la contrada, era letteralmente svanita! Ma le ombre furono proficue di azione da parte di quelli, che silenziosi ed in fila,come processione di formiche in un’aia d’estate, trafficando scatole di latta colme di cemento liquido a pressa rapida, murarono inesorabilmente la toppa ed il margine di apertura della porta di comare Tania, assente perché in campagna a recar pane fresco agli uomini dell sua fattoria.
Il silenzio continuò a regnare anche dopo i rintocchi dell’Avemaria e la notte calò tranquilla con le sue ombre dense di mistero.
L’indomani, essendo rincasata l’infelice donna per la festività domenicale, e, non potendo in nessun modo riaprire l’uscio di casa, tutta la strada fu coinvolta in un tafferuglio indescrivibile.
- Vado a chiamare i carabinieri, i vigili ... gliela faccio vedere io... - andava dicendo dimenandosi come una pazza la poveraccia, senza, peraltro, avere chiare le idee contro chi agire e prendersela effettivamente.
I ragazzi erano tutti presenti a gustarsi lo spettacolo , sogghignando allusivamente tra loro, ma senza lasciarsi sorprendere per manifestazione eccessiva di soddisfazione.
Ad un tratto venne fuori dal sottano di Tonino il cane Fido, di corsa verso il ragazzo con le zampette cementate in piccoli barattoli da conserva di pomodori... Al saltare che faceva la povera bestiola, corrispose una fragorosa risata di tutti i presenti, presto coinvolti in un fuggi fuggi generale.
Lo scherzo fatidico del cane aveva fatto scoprire quello più grave architettato a spese di comare Tania; ed allora ciascun adulto cercava di acciuffare il proprio rampollo per somministrare, con dosaggio piuttosto approssimato per eccesso, ceffoni curativi per la malattia del caso.
Ancora una volta la peggio era toccata a loro, a quei quattro scalmanati di ragazzi, secondo il solito metro di giudizio dell’adulto, che certamente non poteva rendersi conto dell’importanza che assumeva, per il gioco di quelli, una fantomatica palla di gomma bianca.

Vito Locurcio