(12/02/2018)
IL SAPORE


di Mario De Capraris

 

La vicina di casa – che mi comunica entusiasta di avere scoperto un contadino le cui galline fanno delle uova veramente bio – ponendo l’attenzione su quanto sia difficile trovare del cibo sano e che abbia sapore, fa venire in mente quando alcuni anni fa mi trovai ad abitare a Ivrea. Avevo trovato la casa che faceva proprio al caso mio e cioè con lo spazio in ombra davanti alla casa (c’era un salice gigante) per poter fare d’estate il barbecue al fresco, e insieme a questo spazio un giardino dalle dimensioni esagerate. Notai di sfuggita che c’erano degli alberi in fondo, all’interno della ringhiera della proprietà, ma non sapevo di quali alberi si trattasse né mi interessava saperlo.

Intanto in città avevo notato che le auto passavano solo col verde. Anche i pedoni passavano solo col verde. Inoltre nei negozi chi era arrivato per ultimo non cercava di essere servito per primo. Quelli del posto c’erano delle cose però che non sapevano fare: per esempio lo struscio. In via Palestro la gente passeggiava, ma si vedeva che non era il vero struscio, quello del Meridione, fatto di indolenza e di ozio vero. Quello era una parvenza di struscio. Tra l’altro capitò una volta che mi trovai a festeggiare l’ultimo dell’anno. A parte che mi sentivo, oltre che spaesato, anche alquanto isolato dal momento che di lato alla mia casa avevo il bosco, e i vari villini distavano un po’ dal mio, ma avvicinandosi la mezzanotte pensavo: “Chissà questi adesso che sorta di fuochi d’artificio spareranno” perché come è noto al Sud ogni ultimo dell’anno si tira fuori un arsenale non indifferente. Mancava però mezz’ora alla mezzanotte e non si era sentito un solo botto. “Spareranno a mezzanotte” dicevo “A mezzanotte e cinque, a mezzanotte e un quarto”. Ma la notte andò oltre e nessun fuoco venne sparato, nemmeno un bengala venne acceso, neanche un cerino fece la sua comparsa nel buio. A differenza del Sud dove sembra scoppiare una guerra, l’ultimo dell’anno passò via nell’indifferenza più totale.

Ma ritornando all’argomento da cui siamo partiti e cioè il cibo col sapore, che, come sappiamo, non esiste più per tanti motivi, e tutti quanti ci siamo rassegnati. Insomma era estate, un giorno che la calura era particolarmente opprimente, esco di casa e mi vado a mettere all’ombra di quegli alberi alla fine del giardino, vicino alla ringhiera, quelli che non sapevo nemmeno di che specie si trattasse, pensando che, chissà, forse alla loro ombra avrei trovato un po’ di refrigerio, e, osservandoli, mi rendo conto che sono dei peschi. Qualche pesca è a terra matura. Quindi evidentemente, deduco, saranno al punto giusto di maturazione. Senza esserne convinto stacco qualche frutto dai rami e quasi sono tentato di buttarlo perché, tanto, in genere la frutta la compro al supermercato. Ma così, come si fa certe volte meccanicamente, raccolgo un po’ di pesche e le porto in casa.

Quando le vado a mangiare, erano pesche dalla polpa bianca, resto sbalordito per il sapore squisito. Allora non è vero che non esistono più i sapori. In conclusione, ho mangiato pesche tutta l’estate. Quelli erano peschi che non erano stati concimati né erano stati usati pesticidi, stavano lì abbandonati ma il loro sapore era unico. Quel terreno – si vede per niente sfruttato negli anni – era veramente speciale. Mi ricavai un orto e ci piantai melanzane, zucchine, peperoni e tanto altro, e tutto fu veramente saporito.