(17/01/2017)
S.ANTONIO ABATE NELLA STORIA E NELLA RELIGIOSITA' DEI SANTAGATESI


di Dora Donofrio Del Vecchio
ruderi del Convento
 ruderi del Convento


La Chiesa attuale
 La Chiesa attuale


 

 “A Sand’Anduòne masckere e ssuone”, recita un detto santagatese.

 Il 17 gennaio, festa di S. Antonio Abate, inizia il Carnevale, quindi maschere e suoni.

S. Antonio Abate nacque a Coma in Egitto intorno al 250 e morì ultracentenario a Tebaide nel 356. A  20 anni, come S. Francesco d’Assisi, abbandonò ogni ricchezza per dedicarsi alla vita monastica, alla lettura delle Sacre scritture, alla meditazione. Si ritirò nel deserto e diede vita all’ascetismo monastico cristiano. Fu considerato il primo abate della Chiesa.

Sostenne i perseguitati al tempo di Diocleziano.  Ebbe molti discepoli, tra cui S. Atanasio d’Alessandria, che scrisse la Vita Antonii, con la quale rese nota la santità dell’Abate e consentì la diffusione del suo culto in Oriente ed in Occidente. La festa fu istituita in Palestina e fissata al 17 gennaio nel martirologio Geronimiano (V secolo) e nel Martirologio Storico di Beda il Venerabile (IX secolo). Le reliquie del Santo, dopo varie peregrinazioni, sono venerate nella chiesa di Saint Antoine de Viennois dal 1491, perciò  Egli  è chiamato anche S. Antonio di Vienne.

Mentre i monaci benedettini di Montmajeur presso Arles dal 1088 si presero cura dell’assistenza spirituale dei pellegrini,  l’ordine ospedaliero dei canonici di Sant’Agostino di S. Antonio Abate, nato intorno al 1100 come confraternita per merito del nobile Gaston de Valloire,     riconosciuto dai papi Urbano II e Onorio III, svolse il compito di assistere malati e pellegrini, cioè dare loro assistenza corporale. Era noto anche come Ordine degli Antoniani, il cui abito era una cappa nera con una tau azzurra  sulla sinistra del petto. Esso fondò centinaia di hospitia in tutta Europa lungo i percorsi dei pellegrini.

L’iconografia sacra rappresenta il Santo con un bastone a forma di tau (T) , un campanello in mano, ai piedi un porcellino o/e altri  animali. Il bastone a forma di tau rappresenta la stampella su cui si appoggiano i malati, il campanello era usato dagli Antoniani per annunciare il proprio arrivo; dal maiale gli Antoniani ricavavano il grasso con cui curavano le piaghe del “fuoco di S. Antonio”.

Il Santo è invocato, infatti, contro il “fuoco di Sant’Antonio”, l’herpes zoster. E’ protettore degli animali domestici, che si benedicono il 17 gennaio, ed a lui si affida la buona riuscita dell’attività agricola. E’ patrono dei contadini, dei canestrai, dei macellai, dei vigili del fuoco, dei fornai e salumieri.

La presenza del culto di S. Antonio Abate a Sant’Agata di Puglia risale al Medioevo e lo attesta  un complesso e vasto edificio ormai in rovina, un fabbricato di m. 85 per 65 circa,  quasi sulla linea di confine con Candela, del quale si possono ancora ammirare le vestigia, e che a Sant’Agata viene chiamato “cummènde re Sand’Anduòne” , convento di S. Antonio Abate.

L’edificio nel corso di tanti secoli ha svolto varie funzioni: è stata una stazione viaria legata all’antica viabilità romana che sfruttava la Valle del Calaggio ed il Ponte romano di Palino, nelle cui vicinanze sorge, viabilità   che collegava Roma a Brindisi, quindi l’Oriente e l’Occidente. Di detta viabilità facevano parte la Via Beneventana e l’Appia-Traiana, percorse da eserciti, re,  papi, pellegrini, crociati, santi, cavalieri, pastori transumanti, consentendo movimento di persone, di idee, di economia.

Il fabbricato, proprio per la vicinanza al Ponte romano, al torrente Calaggio e  ad assi viari di grande percorrenza, fu forse proprio sede ed hospitium dell’ordine ospedaliero dei canonici di Sant’Agostino di S. Antonio Abate che, come già detto, assisteva malati e pellegrini diretti in Terra Santa.

Fu feudo degli Orsini, signori di Sant’Agata dal XV al XVI secolo, cui seguirono i Loffredo, marchesi di Potenza, Trevico e dal 1575 al 1810  di Sant’Agata di Puglia.

Dopo l’eversione della feudalità il feudo di S. Antonio Abate-Palino fu quotizzato e la cappella, inserita nel contesto architettonico del grande edificio, fu officiata da un sacerdote di Sant’Agata.

L’edificio, che ancora i santagatesi chiamano “cummènde”, fu masseria regia al tempo di Federico II, e con gli aragonesi  divenne sede di dogana della mena delle pecore, prossima a Candela, ove terminava il tratturo Pescasseroli-Candela; aveva una taberna e si trovava al centro di località ove erano masserie di pecore e su percorsi viari che facilitavano il commercio e l’accesso da molti paesi, come Candela, Ascoli, Rocchetta S. Antonio.

Due volte l’anno i santagatesi con il clero si recavano processionalmente a Sand’Anduòne: il 17 gennaio e la seconda domenica di maggio.

Il 17 gennaio si svolgeva un pellegrinaggio per rendere onore al Santo. Si benedicevano le campagne prossime al risveglio primaverile ed il marchese offriva ai poveri il pane.

La seconda domenica di maggio a Sand’Anduòne si teneva una fiera. La fiera era legata all’economia pastorale della transumanza ed era tanto importante che erano presenti i giudici di Sant’Agata per tutelare la regolarità dei contratti. Nel suo svolgimento s’inseriva un corteo guidato da autorità laiche e religiose che partiva da Sant’Agata e, snodandosi per vie campestri, raggiungeva il luogo della fiera e la chiesa di S. Antonio Abate per onorare il Santo e benedire le campagne prima della mietitura, corteo che si è svolto fino ai primi del ‘900.

Il tempo di svolgimento della fiera di S. Antonio Abate coincideva con un particolare momento del ciclo agro-pastorale, quando per i pastori finiva la transumanza (questa iniziava e finiva con le due feste di S. Michele, il 29 settembre e l’8 maggio). Prima di ritornare in Abruzzo o Molise essi vendevano lana (la “maiorina”), carni, pelli, formaggi, mentre i contadini si preparavano alla raccolta del grano, e dovevano vendere o acquistare necessari prodotti o attrezzi agricoli.

La fiera di S. Antonio Abate coincideva con lo svolgimento di altre importanti fiere “con chiara prospettiva pastorale”, quella di Foggia e quella di Sulmona (fiere istituite da Federico II), che si tenevano nella prima metà di maggio, oltre alle numerose fiere dell’Abruzzo pastorale, tra cui quella di Goriano Sicoli e dell’Aquila, che si svolgevano anche con corse e giostre. L’evento economico rappresentato dalla fiera era accompagnato sempre dal pellegrinaggio. In questo abbinamento fiera-pellegrinaggio si confermavano pratiche devozionali che coinvolgevano autorità, pastori, contadini ed altri devoti.

Il diritto della fiera passò a Rocchetta S. Antonio, che ne ottenne il decreto da Ferdinando IV di Borbone il 30 luglio 1779, per aver luogo nei giorni 24 e 25 agosto di ogni anno.