(29/11/2016)
SANT'AGATA DI PUGLIA : LA PRETA RE LU MONDE


di Redazione


La Pietra del monte è un grosso macigno di forma allungata, rotondeggiante che emerge,solitario,sul fianco sud-ovest del monte detto della Croce ( Mònde re la  Cròce ) a circa due terzi della base. Prima del rigoglioso rimboschimento, quando il monte era completamente brullo e pieno di erbacce, la pietra era meta dei giochi dei ragazzi che avevano modo di arrampicarsi sulla sommità, facilitati dalle molte piccole cavità che il macigno presentava sui fianchi. Disposto con l’asse maggiore da monte a valle,la pietra è lunga poco meno di tre metri, larga circa m.1,80 e alta in media, m. 1,90. Nel 1980 l’amico Vincenzo Russo, fratello dell’Assessore Provinciale Avv. Leonardo , appassionato di mineralogia, avendo notato sul macigno delle incrostazioni di fossili marini, riuscì a staccare un consistente frammento allo scopo di farlo esaminare scientificamente per conoscere la  natura  dei fossili e la loro età. E’ noto che nella sabbia estratta dalle vecchie cave del minte, dette  <re cchève la réne >, un tempo necessaria ai muratori per la confezione delle malte, spesso si rinvenivano delle piccole conchiglie fossili. E poiché tutto il monte è composto in parte di argilla ( base sud-sud –est ) e in gran parte di sabbia di mare con stratificazioni di arenaria, è facile dedurre che tutta la zona era un tempo sommersa dal mare o che, probabilmente l’attuale monte, culminante con due piccole cime tondeggianti, sia emerso dal mare. Esso risale al penultimo periodo dell’età terziaria o cenozoica,cioè al miocene.

Il Prof. Charrièr dell’Istituto di Mineralogia del Politecnico di Torino, in una circostanziata relazione in data 19/04/1980, afferma che il frammento inviato dal Russo < non ha in superficie un conglomerato di fossili marini, ma è, per intero, una cellula di un unico individuo preistorico di grandi proporzioni > Egli ha assegnato al monte l’età  di 100 milioni di anni, facendo risalire, cioè,  < al periodo cretaceo caratterizzato dall’attività di molluschi lamellibranchi costruttori di recinti del tipo corallino. Il fossile, dell’età di 50 milioni di anni ha la peculiare struttura delle rudiste > E’ da presumere, quindi, che al momento dell’immane sconvolgimento geologico, mentre le acque si ritiravano, il mollusco, per la sua grande mole,si sia arenato senza alcuna possibilità di guadagnare il mare. Conseguentemente si può ritenere che l’attuale fossile emergente sia soltanto una parte del suo corpo che certamente si trova ancora imprigionato nella sabbia compatta. Infatti i  gesteropidi in genere ( dal greco = ventre e pùs = piede ) erano costituiti da una testa  con tentacoli retrattili, alla base dei quali si trovano gli ochhi, e da un piede ( organo di locomozione o di moto ) che era una epansione carnosa del ventre.Con tale accertamento scientifico il calcare, ben noto a generazioni e generazioni come  < la prèta re lu mònde > non è, quindi, che un fossile marino. Ed ora c’è da chiedersi : perché < tùppele marine >, che è sottostante tumulo il cui significato è anche quello di accumulo di terra, sabbia, detriti ecc.che si eleva dalla superficie del terreno ? E perché marino ? Deriva dal nome di una antica proprietà di Gian Battista Marino ( v. <Giammarino>e < tùppele marino > ) o si riferisce ad un tumolo di origine marina ? Siamo propensi a dare più credito a questa supposizione perché, forse, nei tempi andati è probabile siano stati rinvenuti dei fossili marini.< cèrte vòlde scèvene a ffè la cummuniglia sòpa a la prèta re lu monde > < stèvene chire che recèvene ca sotta a la prèta re lu mònde se truèva acquattate nu sòrte re serpènde ! >

Tratto dal vocabolario del dialetto santagatese di

Gino Marchitelli