(27/04/2016)
MEDITERRANEO ANTICO


di Rina Di Giorgio Cavaliere

Il mondo in cui viviamo è sempre più il risultato di cambiamenti, spostamenti, migrazioni provvisorie o definitive, fughe per i meno fortunati. Sabato 16 aprile scorso abbiamo seguito in diretta televisiva, con commozione, la visita del Papa a Lesbo. Abbiamo conosciuto volti e storie dei migranti; dodici dei quali, rifugiati musulmani, sono arrivati a Roma con il Pontefice. Lesbo è un’isola greca situata nell’Egeo nord-orientale, di fronte alle coste della penisola anatolica. Il centro principale è Mitilene. Con una superficie di 1.630 km² è la terza maggiore isola greca per superficie e l’ottava del Mediterraneo; un mare la cui storia si perde nella profondità dei secoli e dei popoli che lo hanno attraversato. Le stratificazioni archeologiche, il sovrapporsi di elementi mediterranei e di altre civiltà, testimoniano eloquentemente la complessa vicenda storica e umana di queste isole.

Area mediterranea, dunque, intesa storicamente come crogiolo di civiltà, punto d’incontro, scontro e contaminazione di apporti culturali diversificati, ma interconnessi, che la caratterizzano ancora oggi come espressione di Intercultura. Possiamo prendere l’avvio dalla lettura del testo “Mediterranèe” di Fernand Braudel, dall’ampia visione, estesa a millenni, che egli traccia e che va dagli albori della civiltà mediterranea all’affermarsi di tecniche e commerci, ma anche di saggezza e di un’arte di vivere. Sempre dalle pagine di Braudel apprendiamo notizie sulla pesca, sul disboscamento, sulla coltivazione del suolo e sulle arti fiorite in questo bacino (egli si riferisce in particolare a Venezia).

Non possiamo prescindere dalla conoscenza ricca e approfondita della storia antica, dal valore formativo e civile che hanno molto aspetti dello studio del lontano passato. Verifichiamo così il passaggio da una storia che faceva perno sul Mediterraneo e l’Europa, a quella odierna programmaticamente mondiale. Siamo consapevoli di essere cittadini del mondo, per questo dobbiamo sottolineare la necessità e l’utilità della diversità, e porre le basi per un’educazione multiculturale.

Come non riflettere sul tema della diversità nella prospettiva dell’attuale globalizzazione, in cui si assiste al progressivo venir meno delle differenze per quello che riguarda per esempio la biodiversità; ogni sei ore una specie vegetale scompare dalla terra; se si abbattono le foreste e si distrugge la biodiversità molte specie spariranno, senza che l’uomo abbia fatto in tempo a conoscerle. O ancora la progressiva scomparsa di molte lingue; un tempo le lingue parlate erano diecimila, ogni anno ne scompare una sessantina. Così la diversità nella cultura quotidiana: abitudini alimentari, dialetti, giochi . . .

Risulta in ogni caso evidente la sostanziale unitarietà dello sviluppo storico nell’area del Mediterraneo; il valore fondamentale dei contatti e dello scambio non solo di merci, ma anche di notizie, informazioni e tendenze. Là vi sono radici di una storia culturalmente comune la cui ricchezza è stata sempre funzione diretta della capacità di assorbimento e confronto con l’altro; valorizzazione delle esperienze diverse dalle proprie. Per la costruzione di un atteggiamento non grettamente nazionalistico è fondamentale conoscere e apprezzare il contributo che tutte le altre culture hanno dato alla nostra e concepire ogni civiltà come il prodotto complesso di apporti, interazioni e scambi molto vivi sin dall’antichità.