(11/11/2010)



di Alessandra Cicalini

Andare in pensione può essere una liberazione ma anche un rischio: chi non è pronto a reinventarsi una nuova vita potrebbe subirne il contraccolpo non solo psicologico. Una ricerca americana ha per esempio messo in luce l'esistenza di una correlazione tra pensionamento e rallentamento delle proprie capacità mnemoniche. L'indagine si è basata sulla somministrazione di test della memoria a pensionati provenienti da undici Paesi diversi, tra cui l'Italia, che non avrebbe ottenuto risultati molto brillanti. Chissà se le performance dei futuri pensionati della Penisola saranno migliori una volta che sarà andata a pieno regime la riforma introdotta con il decreto legge 78 del 31 maggio scorso. Con questo provvedimento, infatti, sono destinati ad aumentare gli italiani che andranno in pensione più tardi per effetto dello slittamento delle finestre per il pensionamento a partire dal prossimo primo gennaio 2011. Solo da quella data, i titolari di pensione di anzianità o di vecchiaia dovranno aspettare un po' di più di quanto aveva stabilito la riforma entrata in vigore nel 2008 di cui avevamo parlato diffusamente.
In particolare, i lavoratori dipendenti dovranno aspettare fino a nove mesi in più rispetto al sistema stabilito nel 2008, mentre gli autonomi potrebbero attendere fino a un anno in più.
In concreto, che cosa succederà dal prossimo anno? Vediamolo nel dettaglio, partendo da quello che non cambierà.
Le vecchie finestre per la pensione restano infatti immutate nei seguenti casi: per chi maturerà i requisiti per la vecchiaia o l'anzianità entro il 31/12/2010; per il personale della scuola; “per i lavoratori dipendenti con periodo di preavviso in corso al 30 giugno 2010 con raggiungimento dei requisiti entro la data di cessazione del rapporto di lavoro”, come riporta lo speciale del Sole 24 Ore che illustra anche gli altri casi non toccati dalle finestre mobili soffermandosi poi su una serie di quesiti posti da lavoratori pubblici, privati, dipendenti e autonomi che matureranno i requisiti il prossimo anno. Prima di sintetizzarne qualcuno, ricordiamo quali sono, allo stato attuale, i requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia o di anzianità.
Per la vecchiaia bisogna avere almeno 65 anni per gli uomini e 60 per le donne (61 per le dipendenti pubbliche); poi si deve aver maturato almeno 20 anni di contributi in Italia o all'estero nel caso del lavoro dipendente. Per l'accesso all'anzianità, invece, dal 2011 la “quota” da considerare (ossia la somma tra il requisito dell'età e l'anzianità contributiva di cui avevamo parlato nel già citato articolo) aumenterà di un anno.
Dunque, i lavoratori dipendenti potranno andare in pensione di anzianità con almeno 60 anni d'età (quota 96), e gli autonomi ad almeno 61 (quota 97). Il requisito anagrafico si annulla per tutti i lavoratori che abbiano almeno 40 anni di contributi.
Tuttavia, anche in questo caso si subiranno gli effetti dello scorrimento delle finestre. Lo si deduce leggendo la risposta che gli esperti del Sole 24 Ore hanno dato a un lettore che toccherà i 40 anni di servizio nel dicembre 2011: se deciderà di attendere fino a quella data, sostengono sul quotidiano economico, “la sua finestra di uscita sarebbe prefissata per il gennaio 2013”.
Interessante è anche il caso di un medico di 64 anni, con 44 anni di lavoro, che avrebbe avuto la possibilità di fruire dell'ultima finestra per la pensione di anzianità fissata al 1° luglio scorso, oppure attendere di compiere 65 anni, nell'aprile del prossimo anno, e fruire della pensione di vecchiaia. Al medico gli esperti rispondono che se scegliesse la seconda opzione, la prima finestra utile per la pensione sarebbe il primo maggio 2012, ossia molto dopo quanto probabilmente avrà fatto scegliendo la prima strada. 
Problemi del genere non sono da poco, anche perché più di un pensionando si starà chiedendo anche in questo istante come verrà liquidata la propria vita di lavoro ed entro quanto tempo. A quest'ultima domanda risponde la stessa Inps che con una circolare ha garantito di liquidare anzianità e vecchiaia entro 60 giorni dalla messa a riposo del lavoratore.
Per il “come”
occorre considerare, tra gli altri elementi, gli ultimi dieci anni di lavoro, il coefficiente di rivalutazione degli stipendi e altre variabili che rendono impossibile una risposta unitaria. Per essere certi di fare la scelta migliore, nell'ipotesi in cui si abbiano abbastanza anni di servizio ma ne manchi ancora qualcuno per arrivare al massimo richiesto per la vecchiaia, conviene dunque rivolgersi a un sindacato o direttamente all'Inps. E se davvero, come sostiene la ricerca americana citata all'inizio, gli italiani non eccellono nella capacità di coltivare la memoria, c'è da scommettere che impegnandosi in calcoli del genere risaliranno in fretta nella classifica.

Tratto da www.stareinsieme.it