(16/04/2019)
GRAZIE ALLA MANO DI UOMINI VALOROSI IL FUOCO NON È RIUSCITO A DISTRUGGERE I TESORI DELLA NOSTRA CRISTIANITÀ HA RISCHIATO LA VITA PER SALVARE LA SAC
Mario Trematore, nato a Torremaggiore in provincia di Foggia, da una famiglia di braccianti agricoli. Trasferitosi a Torino giovanissimo, entra nel Corpo dei Vigili del fuoco. Trovandosi nella Chiesa Matrice di San Nicola in Sant’Agata di Puglia ha rilasciato questa testimonianza.

di Filomena Marchese
Mario Trematore e don Michele Falcone
nella chiesa Matrice  di San Nicola

in Sant’Agata di Puglia
 Mario Trematore e don Michele Falcone nella chiesa Matrice di San Nicola in Sant’Agata di Puglia


Parigi, Duomo Notre Dame:
Le sacre reliquie la Santa Corona
di spine ed i Chiodi simboli
della passione del Signore
 Parigi, Duomo Notre Dame: Le sacre reliquie la Santa Corona di spine ed i Chiodi simboli della passione del Signore


 

  

Cosa ricorda dell’incendio nella notte dell’11 aprile 1997?

Dal balcone di casa mia, oltre i tetti delle case, mio figlio Jacopo e mia moglie Rita vedono grandi nuvole buie di fumo scendere sulla città: il Duomo di Torino sta bruciando. Pur non avendo obblighi di servizio decido di intervenire. In casa ho una vecchia giacca, scolorita dagli anni e consumata da tante arrampicate in montagna, la indosso, infilo un paio di stivali, saluto Jacopo, Rita e le loro benevoli

raccomandazioni.

Le fiamme altissime illuminavano il cielo a giorno. In 22 anni di lavoro pensavo di averne visti tanti di incendi, ma così terrificanti da gelarti il sangue nelle vene , non mi era mai capitato.

All’interno del Duomo la cappella della Sacra Sindone si sbriciolava lentamente sotto l’urto delle fiamme ed il crepitare insistente, fitto, disumano aumentava la mia voglia di fuggire. Questo potevo farlo in qualsiasi momento. Non avevo pensieri né per il capolavoro del Guarino Guarini né per l’uomo muto della Sindone. Avevo altro per la mente: la mia vita e quella dei miei colleghi.

Il mio, poi, fu un gesto istintivo di fronte al pericolo di perdere un “tesoro” così importante. Ancora oggi non so spiegarmi cosa sia successo, di sicuro che il vetro antiproiettile, sotto i colpi della mazza, si sbriciolava come sabbia lasciata cadere dal palmo delle mani. Il pensiero si trasforma in azione e la paura di morire porta alla memoria, per un breve tempo, le persone più care ed i ricordi più belli: la dolcezza di mia moglie Rita, il sorriso di Jacopo, il primo compleanno di mia figlia Chiara. Così, dalla marea dei ricordi, il contatto con la realtà viene alterato dalla paura di morire. Le  fiamme altissime non lasciavano scampo alla cappella del Guarini, tutto bruciava e finiva in fuliggine e tizzoni ardenti in quella sera, in quel momento tra l’11 e il 12 aprile di un venerdi del 1997. I marmi e gli stucchi, lambiti dalle fiamme, si sbriciolavano come crosta di pane duro, e cadevano a pezzi sul grande crocifisso, che non curante del pericolo voltava le spalle all’incendio, sull’altare del Duomo.

Non c’era molto tempo per capire ed i pensieri cadevano in frantumi nell’acro odore di fumo e di voci concitate di preti e di pompieri che pregavano quel Dio a cui forse non avevano mai creduto.

L’umanità avrebbe perso quanto Cristo aveva lasciato: un segno col suo significato custodito in una chiesa e da sempre nei cuori e nella fede del popolo cristiano.

Piazza San Giovanni, gremita di folla impaziente di capire cosa stava accadendo, era illuminata dalla luce tenua dei lampioni e da quella intermittente dei fari blu delle autopompe dei vigili del fuoco. Intanto il tempo passava e la notte infuocata si apriva sulla cupola che cadeva a pezzi davanti a migliaia di persone.

Sono le ore 1,35 di quella notte ostile  del 12 aprile!.

La Sacra Sindone è salva, la cassa d’argento viene estratta dai pannelli di vetro antiproiettile fatti saltare a colpi di mazza. E, quando appare sul sacrato, portata nelle braccia come fosse un bambino appena nato, dalle tremila persone assiepate davanti al Duomo parte un applauso liberatorio. C’è chi fa il segno della croce, chi prega e chi come me ha imparato che Dio è in cielo, in terra ed in ogni luogo. L’incendio ha bruciato tutto quello che ha trovato tranne il lenzuolo di lino. Ciò ha dimostrato l’intervento miracoloso della Provvidenza che non ha permesso fosse scalfita la Sacra Sindone ed ha lanciato un messaggio di speranza. Così la trepidazione di tutto il popolo per il sacro lino ha unito in quella notte credenti e non credenti in un unico atto d’amore consapevole o inconsapevole di Cristo nostro Signore. 

Cos’è la fede per lei?

Nella vita del cristiano esiste la famiglia, esiste la professione, ma il compito principale è testimoniare la fede. Per questo siamo stati scelti: testimoniare la fede all’interno della propria vita. Così, la nostra personalità non sarà quella del professionista o del padre di famiglia, ma del cristiano e qualunque sia l’attività che ci occupa, la fede della quale parlo con spontaneità come di una amata, è presente con il suo contenuto dentro la materialità della propria esperienza. La fede è riconoscere che Gesù Cristo è la salvezza presente, che trasforma la precaria vicenda dell’esistenza umana nella storia.

Nella mia vita Gesù è ancora inchiodato sul Golgòta. Non ho mai fatto promesse a Dio, perché il rispetto e la paura di non riuscire a mantenere gli impegni assunti è più grande della fiducia che l’Onnipotente concede all’uomo. Solo nel giorno del matrimonio, con un rito solenne, mi sono impegnato davanti a Dio di amare Rita nella buona e nella cattiva sorte, nel bene e nel male per tutta la vita. Forse, è  Dio 

che decide di manifestarsi nella mia vita in modo insolito, chiamandomi a collaborare ad un suo progetto spettacolare. Mi fa scendere nell’abisso dell’inferno per risuscitare con Lui.  In quel luogo devastato, dove le forze del male si scatenano, fra le tante cose preziose che vanno  in rovina, ho sentito che la Sacra Sindone ha un valore che sorpassa tutto in quanto reliquia di Cristo  e segno per milioni di credenti. Dato che corro solo dove qualcuno soffre, Gesù si è fatto trovare da me così: in pericolo. E qui la decisione di prendere la responsabilità di infrangere quel vetro, a rischio di danneggiare il reliquiario ed il lenzuolo stesso, di passare alla storia come colui che ha distrutto la Sacra Sindone.

Tutto diventa possibile con un mezzo “povero”, una mazza di legno e ferro e le mie mani di uomo dal fisico normale che sente una forza nuova in lui, che sperimenta all’improvviso la potenza gloriosa di Dio. La sensazione nel toccare e trasportare la cassa preziosa è impossibile da descrivere compiutamente, ma lo stato di leggerezza rende l’idea. Dio sta risuscitando in me e tramite l’opera di un uomo normale,  risusciterà nel cuore di milioni di persone. La mia vita è trasformata dalla luce di quell’evento, Dio mi fa sperimentare il mistero della compresenza del dolore e della gloria. 

Tutto questo ha lasciato un segno nella sua vita?

Si è chiesto, perché proprio a me?

Devo dire che quella notte trascorsa nel Duomo a cercare di salvare il Sacro lenzuolo, ha segnato un punto di svolta nella mia vita. Si è verificato in me un cambiamento interiore che mi ha portato ad essere riflessivo ed a scrutare con maggiore attenzione i segni della Provvidenza nella mia vita e nella vita delle persone che porto nel cuore. Fin da quella notte ho potuto notare una costellazione di “segni” piccoli e grandi che in successione quasi quotidiana mi fanno capire la presenza del Signore nella storia e nella mia storia.

Perché il Signore abbia scelto proprio me per questa impresa non mi è ancora chiaro, ma in quel momento, in quel giorno, ho sentito chiaramente che non potevo non fare ciò che ho fatto. Dopo l’incendio mi sono posto tante domande per cercare tanti significati. Chi ero in quel momento? Un pazzo spericolato? Un eroe? Un esibizionista a caccia di gloria? No. Semplicemente un uomo disposto a rischiare la propria vita per salvare un altro essere umano, per salvare i valori dell’arte e della cultura, per salvare simboli sacri di qualsiasi religione. In definitiva, il valore più alto è l’uomo e le sue espressioni sublimi.

Si può dire che fino a quel momento ero un uomo alla ricerca di quei valori sociali utili alla mia coscienza, che facevo la volontà di Dio incontrandolo nella sua espressione più problematica: il dolore, la miseria, la debolezza dell’uomo disperato.

Che insegnamenti ha tratto da questa esperienza?

La mia esperienza umana oggi è vivificata da una fede elevatosi vertiginosamente  verso Dio. Resta la mia sofferenza: tutti avevano la possibilità di capire nella notte del rogo di Torino, che messaggio Dio stava dando al mondo, ma non appare traccia evidente di questa conversione.

Non sappiamo , però, come Dio ha lavorato e sta lavorando nel cuore di ognuno: tutto resta chiuso nel mistero di un dialogo personale. Intanto, ancora una volta, Dio ha scelto di servirsi di mezzi poveri, le nostre povere parole perché l’umanità non dimentichi, Lui è in attesa che ognuno di noi gli risponda: Signore mi hai chiamato, eccomi. E che sia sempre così!. 

Esattamente dopo 22 anni: 11 aprile 1997 - 15 aprile 2019  dall’incendio scoppiato nel Duomo di Torino anche il Duomo di Parigi - Notre Dame - brucia,  ed anche qui,  come allora, uomini valorosi, mettendo in pericola la propria  vita, sono riusciti a mettere in salvo le sacre reliquie che ricordano la passione di nostro Signore Gesù Cristo in particolare la Santa Corona di spine, che i cavalieri dell’Ordine del Santo Sepolcro di Gerusalemme proteggono durante la venerazione dei fedeli