(25/02/2019)
Il capobrigante Giuseppe Schiavone in uno scritto del sacerdote Lorenzo Agnelli


di Dora Donofrio Del Vecchio


 

Lorenzo Agnelli, santagatese, sacerdote, storico, letterato, educatore, studioso di fatti e problemi del Sud, fu coetaneo del capobrigante, lo conobbe, ne ebbe grande stima.

Importante e preziosa è questa sua pagina che documenta l’intelligenza, le doti militari ed umane  di Giuseppe Schiavone. 

Giuseppe Schiavone divenne capobanda, il più umano e prode fra tutti…soldato nel 1859…era in un reggimento di Linea tra quelli, ch’erano diretti in Calabria, disciolti dal Garibaldi.

Rimpatriato ritornò tranquillo al suo mestiere, poco usando al paese per non sentire i pochi liberali, che, come in tutti gli altri paesi, stupidamente e scelleratamente facevano insulto a quei soldati che non avevano voluto disertare dalle loro bandiere. Se l’esercito napoletano ebbe traditori e vigliacchi negli ufficiali, fu onorato dal valore e dalla fedeltà dei soldati, che guidati bene non solo avrebbero schiacciato la rivoluzione, ma avrebbero tolto ai Piemontesi il desiderio d’invadere il Regno.

Richiamati gli sbandati Schiavone si teneva in guardia, e, come seppe che in Santagata erano venuti soldati per chiapparlo, passò alcune notti tra i cespugli del Calagio.

Una mattina passò di là una mano di sbandati a cavallo, e credutolo spia il minacciarono; rivelatosi chi fosse, il portarono seco. Questo primo passo il rovinò: più volte ebbe il buon pensiero di rinunziare a quella vita perigliosa e fiera, ma o temette il peggio o ne fu sconsigliato: egli come gli altri speravano nella restaurazione dinastica. E qui mi giova ricordare una bella sentenza del Manzoni “Il delitto è un padrone rigido ed inflessibile contro cui non divien forte se non chi se ne ribella intieramente” (Promessi Sposi, I, 20).

Schiavone…si comportò bene: la fatalità, o l’odio di non servire i loro vincitori e lo sdegno di non sentire gli scherni dei liberali, o qualunque altra cagione, lo spinse e non più si ritrasse. In breve mostrò sagacia e valore, ed istruzione militare: divenne capo come Petrozzi, il fiero Caruso, e Crocco Donatelli, che assunse il nome di generale.

Giuseppe Schiavone ha mostrato generosità. Catturò nel Vallo di Bovino tre ufficiali che andavano in Candela: uno, dicesi, era stato nel suo reggimento. I compagni li volevano barbaramente fucilare. Chi avrebbe potuto contenere quegli animi inferociti? Egli li tenne a bada, li addolcì, sino a che salvi li condusse alle vicinanze di Candela i tre ufficiali, uno dei quali, il napoletano gli lasciò in ricordo di gratitudine un anello.

Non ha guari la sua banda prese un soldato che era stato in famiglia e veniva a raggiungere la sua compagnia in Santagata: lo Schiavone sel mise in groppa e il salvò. Molti altri fatti somiglianti, veri o esagerati, si raccontano su di lui, onde non è meraviglia che il suo nome corre accettevole anche tra gli odianti. 

Cfr. L. Agnelli, Memorie, Biblioteca Provinciale di Foggia, Fondo Agnelli; D. Donofrio Del Vecchio, Una notte di fuoco a Stornara e Stornarella in “La Capitanata”, Rassegna di Vita e di Studi della Provincia di Foggia, a. XXIII, luglio-dicembre 1985-86, parte II, pagg. 59-75; Perché brigante in “Percorsi d’oggi”, a. II, n. 3, Torino 1986; Eadem, Cultura e società nel Mezzogiorno nell’opera di Lorenzo Agnelli (Sant’Agata di Puglia 1830-1904), Foggia 2007, pp. 164-166.

 

Dora Donofrio Del Vecchio