(23/10/2018)
INTERVISTA ALLA N.D. ANNA ROSATI IN OCCASIONE DEL SUO 100° COMPLEANNO
UNA DONNA CHE CON LA SUA UMILTÀ E SEMPLICITÀ HA RESO GRANDE IL SUO PAESE NATIO: SANT’AGATA DI PUGLIA

di Filomena Marchese

 

  

di  Filomena Marchese

La N.D. Anna Rosati, nata a Sant’Agata di Puglia,  ha respirato fin dalla nascita l’aria del suo meraviglioso paese, delle sue tradizioni, della sua storia.

  1. IL PAESE NATIO
  • Le chiediamo cosa è cambiato nel costume sociale, culturale, spirituale dei santagatesi di oggi in confronto alla Sant’Agata di Puglia della sua giovinezza?

Ai miei tempi, e parlo di tanti anni fa, c'era più affiatamento tra i vicini di casa senza alcuna distinzione di ceto sociale. Oggi sicuramente sono tutti più istruiti,  ma meno affettuosi. 

  • Perché ama il suo paese natio?

Prima di tutto perché è veramente bello, dai balconi della mia casa si ammira un paesaggio splendido.

La mattina quando l’aria è tersa si vede all'orizzonte il mare di Manfredonia sulla sinistra e poi la sguardo domina tutta la vallata fino al monte Vulture . E che dire di quei tetti dove centinaia di rondini in estate fanno il loro nido , e le “trasonne” , i portali antichi, il Castello, San Rocco.

Del mio paese tutto mi è familiare e mi evoca infiniti  ricordi della mia vita e di quella delle persone che ne hanno fatto parte .

L' odore della pioggia estiva quando formava la "chiena" nella strada, il profumo del pane che si portava dietro il garzone del fornaio quando ci portava a casa gli "stagni" con dentro le panelle  o le “pastarelle al latte”.  

  1. IL VALORE DELLA FAMIGLIA
  • La famiglia, la sua famiglia, è stata sempre un valore fondamentale della sua vita. Ci può dire quali sono stati i valori inculcati dai suoi genitori?

Mia madre ci diceva sempre: "Figlie mie quando qualcuno vi chiede qualche cosa non dite mai no perché chi chiede già si è umiliato una volta, quindi  non potete lasciarlo andare a mani vuote".

Mio padre era un uomo molto rigoroso ed esigente con se stesso, il suo insegnamento di vita è stato quello di non attaccarsi esageratamente ai beni materiali.

Egli ci diceva sempre che in questo mondo tutto si deve lasciare e che bisogna

vivere le cose come se ci fossero date in prestito; bisogna usarle per poi consegnarle ai figli i quali a loro volta li lasceranno ad altri , ma tutto vissuto con un sereno distacco. 

  • Su quali valori deve fondarsi la famiglia se vuole chiamarsi cristiana?

Principalmente sulla fede nella Provvidenza Divina che non abbandona mai nessuno e poi sul perdono reciproco nella ferma convinzione che nessuno è perfetto quindi tutti possiamo sbagliare; così se gli altri sopportano i nostri difetti noi  dobbiamo farlo con loro.

  • Quali sono i doveri dei genitori nei confronti dei figli?

E quali sono i doveri dei figli nei confronti dei genitori? 

I genitori possono educare i figli solo con l'esempio perché i grandi discorsi lasciano il tempo che trovano e nessuno li vuole più ascoltare.

I figli dal canto loro oltre ad amare i genitori li devono rispettare. 

  • Perché ama la sua famiglia?

In essa ci sono gli affetti più sinceri e   duraturi.

  1. L’ATTACCAMENTO ALLA CHIESA
  • E’ nota a tutti la sua profonda e sentita religiosità, vissuta all’ombra del campanile della tua e nostra chiesa Matrice di San Nicola in Sant’Agata di Puglia.

Perché ama la sua Chiesa? La sua Parrocchia? 

Nella chiesa di San Nicola ho ricevuto tutti i sacramenti, da bambina andavo a messa con la mia famiglia , vi ho frequentato l'Azione Cattolica alla quale sono tesserata da oltre novant'anni.

Quando ero giovane, ho sempre collaborato con i parroci ed alcune amiche ad adornare la chiesa , a realizzare i vestiti per le statue o le tovaglie per gli altari.

Ricordo di aver scoperto che nella mia bellissima chiesa mancava la Custodia in argento al cui posto c'era una scatoletta di legno foderata di un raso celeste un po' sfilacciato, quasi uno straccio.

Eppure, da quando fu fatta la chiesa, ne erano passati di sacerdoti e vescovi come Don Peppino Danza ( il Cardinale mancato) che vantava tante qualità e poi tantissimi altri religiosi. Non esitai un solo momento, né mi spaventai per la spesa, ricordo 34.000 lire di allora la sola cassetta più la messa in opera dei marmi della custodia, così con grande tenacia realizzai l’opera.

Inoltre la nostra chiesa ha sempre posseduto il "Sei Mazze", cioè il Palio o baldacchino che ancora oggi  accompagna durante la processione per le vie del paese il Corpus Domini,   era molto malandato. Allora tramite un predicatore che era venuto per un quaresimale lo mandai a riparare all' Isola Tiberina da alcuni restauratori specializzati.

Vi racconto queste cose non per farmene un vanto ma per farvi comprendere in che modo fossi legata alla mia bellissima Chiesa,   che è stata la mia seconda casa e la porto sempre nel mio cuore.

Ho raccomandato ai miei nipoti di portarmi  nella Chiesa di San Nicola a Sant’Agata di Puglia per ricevere “l'ultima   benedizione” prima del  grande viaggio. 

  • Quali sono i ricordi più belli della sua vita cristiana?

I ricordi più belli della mia vita cristiana sono sempre legati alla figura del grande Santo, San Pio da Pietrelcina.

Ricordo sempre la sua fermezza nel comunicare gli insegnamenti di fede, ma anche la sua immensa dolcezza ed umanità.

Ricordo che una volta andai in confessione, ma per tre volte lui aprì lo sportellino del confessionale mi vide e  lo richiuse girandosi dall'altra parte.

Un po' risentita venni fuori dal confessionale, gli girai davanti e dissi:

" Insomma almeno la benedizione me la volete dare?" .

E lui mi prese la mano e mi guardò con gli occhi luminosissimi, poi mise il

palmo della sua mano sulla mia fronte e le dita tra i miei capelli e rispose

           in   dialetto: " Comm' no!".

La sua mano non aveva il guanto ed avvertii tutto il calore e l'umido della piaga...... fu una emozione grandissima; ancora oggi ricordo quel momento con immensa gioia e devozione e conservo il fazzoletto che mi copriva la testa come una reliquia.   

  • Grazie alla sua fattiva opera coinvolgente a Sant’Agata di Puglia sono stati realizzati bellissimi capolavori di arte sacra nelle nostre Chiese eseguiti dal grande artista il Maestro Enzo Liberti. A quali di queste opere è più legata?

Sicuramente mi sento particolarmente legata alle porte in bronzo della chiesa di San Nicola, la cui realizzazione ho seguito, con il parroco Don Michele Falcone, in prima persona, principalmente raccogliendo il denaro necessario per la loro realizzazione.  Mi sono affidata alla generosità ed al forte legame al loro paese di tanti santagatesi anche quelli che vivono all'estero che ho contattati personalmente.

Anche la cripta mi è particolarmente cara, ricordo l'entusiasmo dell'artista quando, giorno dopo giorno, vedeva realizzare il suo sogno e tutte le emozioni e suggestioni che alla fine di ogni giornata condivideva con mio padre che lui affettuosamente chiamava "papà maestro".

Nella cripta sono raffigurati i due miei nipoti da bambini e mio padre nel ruolo del Cireneo.

 

  • Nella sua lunga vita ha conosciuto tanti parroci, sacerdoti religiosi,  quali di questi ricorda con piacere?

 

Don Marciano è stato il parroco più amato dal popolo perché, era un gran bonaccione, cordiale con tutti, simpatico e stimato da tutti.

Fumava al balcone e ci fu chi, per questo motivo, ricorse al vescovo, ma fece un buco nell'acqua, perché tutti gli volevano bene ed era stimato anche dal Vescovo.

Quando rientrava dopo le funzioni svolte in chiesa, spesso sgranocchiava qualche “tarallino caldo caldo” che aveva preso nel vicino forno, oppure un frutto di qualche contadino che teneva davanti alla porta di casa  in un cestino con prodotti della sua campagna appena raccolti.

Era l'amico di tutti, ricordo che quando morì fu un "fuoco di fila" nella sua casa ed ai funerali ci fu una vera partecipazione di popolo. 

Tanti, poi, i parroci che sono succeduti, vorrei ricordarne solo alcuni: don Pasquale Mazzeo, don Antonio Labriola, don Domenico Fierro…

Nel novembre del 1980 arrivò da Roma il giovane don Michele Falcone che con la sua grande tenacia  e preparazione teologica,  avvalendosi della sua esperienza vissuta in una parrocchia romana, diede una ventata di novità, di modernità ed  un forte impulso di fede alla comunità ecclesiale di Sant’Agata di Puglia, ed ancora oggi è ricordato con tanto affetto da noi santagatesi. 

  1. LA DEVOZIONE A SAN PIO DA PIETRELCINA
  • Se dovesse scrivere una preghiera a San Pio per una persona cara con quali parole si esprimerebbe?

Gli chiederei una grazia quasi con prepotenza come ho sempre fatto, con una sorta di confidenza affettuosa.  Ricordo che mia sorella Carmelina si sposò nel 1946 e si trasferì  a Rionero in Vulture in provincia di Potenza. Lì conobbe una donna umile e semplice che frequentava assiduamente la chiesa e,  ogni primo venerdì del mese si recava a San Giovanni Rotondo per partecipare alla Santa Messa dove c'era ,diceva la donna, un monaco speciale. Mi trovai anche io una volta a Rionero, era inverno e quella mattina c'era tanta neve, io e mia sorella ci chiedevamo come avrebbe fatto quella donna a raggiungere San Giovanni Rotondo. Con molta naturalezza uscì sull'uscio di casa e ci disse che il monaco era venuto lui stesso quella mattina a darle la comunione.

Le sue parole mi turbarono tanto .

In seguito mia sorella stette molto male, con minacce di aborto; chiamammo di nuova quella donna, della quale non ricordo proprio il nome, per darle una lettera da portare a quel monaco. Lei la prese e la portò .

Quando tornò ci raccontò che il monaco, senza aprire la letterale disse: " Dì a quella signora che si riguardasse i primi giorni, poi pregheremo insieme la Madonna  e vedrà che tutto andrà bene” . E fu proprio così, perché mia sorella partorì una bella bambina.

Passarono degli anni, io avevo bisogno di un po' di serenità, mi ricordai di quel monaco che viveva in quel posto sperduto e così decisi di andare a San Giovanni Rotondo.

Il posto era molto isolato, non c'era nemmeno una strada ma solo un marciapiede tutto dissestato attorno al convento e alle stazioni della Via Crucis. 

Conobbi in quell'occasione la signora  Maria Tavelli che viveva li per stare vicina a Padre Pio e poter partecipare ogni giorno alla Santa Messa ed alle preghiere quotidiane.

Abitava in una piccola e modesta casa, ricordo che cucinava nelle padelle di stagno fatte dallo stagnino.

Mi offrì ospitalità, quella notte dormimmo in tre nel suo lettone: io, lei ed un'altra signora che era venuta a San Giovanni Rotondo per incontrare Padre Pio.

Su di una parete della stanza da letto aveva un grande crocifisso di circa un metro che aveva avuto da Padre Pio e voleva che anche io accettassi qualche cosa del frate da custodire, ma io rifiutavo sempre perché non mi sentivo degna di tanto.

Però, quando Padre Pio morì, dopo qualche giorno, mi vidi arrivare da parte sua un guanto in lana del futuro Santo.

Ma ancora prima, durante una vacanza natalizia, cioè una delle tante volte che mia sorella Carmelina veniva a casa a fare compagnia a papà dandomi la possibilità di andare a San Giovanni Rotondo, era l'ultimo giorno dell'anno, San Silvestro e noi  pregavamo in riparazione dei tanti peccati.

Ricordo che nevicava, con noi c'era Padre Pellegrino che era venuto a proporci  di fare un'ora santa di preghiera con un giovane vescovo di ventiquattro anni, forse missionario, arrivato in mattinata sempre in aiuto di Padre Pio.

Fummo tutti consenzienti, in particolar modo il vescovo che lesse le preghiere durante l'ora.

La signora Maria Tavelli viveva all'aperto e, da poco avevo saputo che si era ricoverata nei pressi di San Giovanni Rotondo.

Era originaria di Milano dove era impiegata come ragioniera, faceva parte di una famiglia numerosa; quando scese da Padre Pio questi la trattenne, così lei rimase  a San Giovanni Rotondo, rinunciando a tutto, e, quando ebbe speso i suoi risparmi, fino all'ultimo centesimo, si ridusse a vivere con una busta di latte al giorno e la carità di qualche devota.

Si pregava sempre tanto ed a noi si aggiungevano altre devote.

Ricordo  la signora Maria Luisa Alessandrini che, come me, alloggiava presso la famiglia Miscio.

C'era anche la Vandina, figlia di una nota cantante, Angelo Bianco di Padre Pio, sembrava proprio un angelo, figlia di un impresario edile, affascinata dalla misticità del frate non fece più ritorno a casa, rimase a San Giovanni Rotondo.  Allora il padre le sistemò una villetta sulla collina in cui aveva un grande grammofono, cosa rara a quei tempi,  e spesso si sentiva la mamma cantare così bene che sembrava un usignolo.  


   (interviste del  12 novembre 2012)