La poesia di Gerardo Maruotti
Nella sua poesia canta la fede d’un popolo, che, tra mito e leggenda, ritesse la propria storia, fede che rivive nei riti, nei pellegrinaggi, nelle preghiere e nel duro lavoro dei campi.
“Incoronata, terra di preghiere,
trentuno sono a maggio le tue fiere.
Nenie infinite di sagre pugliesi
innalza il Tavoliere dai tratturi;
tra biade in onde sono gli abituri
navi ancorate dai camini ascesi.
Come nomadi erranti in processione
dai monti a te scendemmo alla pianura.
Tra i sassi della via nella calura
ci dondolava a sbalzi il carretttone.”
Canta la voglia di ritornare alla casa, al paese che ha dovuto lasciare, di ritrovare quel mondo perduto e rituffarsi nella genuinità della sua gente.
“E’ questa, o padre, la mia casa ancora!
Qui il mio mondo! Un esilio la città!
Tu che volesti che io studiassi tanto,
Un esule del figlio tu ne hai fatto.
Apri la porta! Accogli un disilluso!
Non vedi con quanta ansia son venuto?
lo sono venuto per piangere un’ora!
Apri la porta al prodigo figliuolo!”
“Io voglio ritrovare la mia pace
pei vichi e per le balze del paese,
tra i miei ulivi della Tofra,
il bosco di Serbaroli, il campo di Gìannuzzi.”