(30/04/2018)
CRONACA SULL'EDUCAZIONE


di Rina Di Giorgio Cavaliere

Il disagio dell’utenza, il malessere adolescenziale in una vasta platea scolastica sono oggetto di attenta e approfondita analisi qualitativa e quantitativa da parte della scuola e della società. Dividersi le responsabilità è uno dei metodi che tornano utili alla scuola, prima e non unica agenzia per l’educazione e la formazione dei giovani. Nascono così le reti o consorzi fatti di scuola, operatori medici e delle forze dell’ordine, enti comunali o del privato sociale; un circolo educativo unico che va ancora migliorato, ottimizzato, reso più efficiente ed efficace, per aiutare i ragazzi in difficoltà.

I fatti avvenuti presso l’Istituto Tecnico di Lucca e in altre scuole costituiscono l’ulteriore conferma della necessità di rafforzare l’essenziale funzione educativa della scuola, in una visione coerente dei percorsi formativi dei nostri allievi, dalla materna all’università. Il potenziamento delle occasioni d’impegno, di ascolto e di relazione servono a incrinare una sorta di cinismo generalizzato e pericoloso, in cui diventa sempre più difficile comunicare realmente qualcosa, perché rivesta significato e valore.  Intanto la percezione degli eventi da parte dei ragazzi risulta deformata dai messaggi in rete, con immagini e commenti che potrebbero saltare a piè pari la possibilità del filtro critico gestito dalla famiglia.

Tutto il contesto risulta dominato dall’apporto diretto tra il mercato dei media e l’utente; ma non dobbiamo indulgere alla cultura della crisi. Prendere sì atto della trasformazione continua della società, in quanto essa crede al significato e al valore dell’intenzionalità e dell’educabilità di ogni persona. Senza ignorare le motivazioni che possono indurre ad adottare un comportamento che viola le regole sociali, quasi sempre dipendente dalle condizioni ambientali, ma anche dall’esigua capacità dell’individuo nel reagire a tali condizionamenti.

Per quanto riguarda il concetto di prevenzione che attiene alla sfera sociale, sottolineare, poi,  l’esigenza di ritornare ad alcune riletture che corrono il rischio di non avere più il sapore della cultura pedagogica e di cadere nell’oblio di un mondo solo emotivamente interessato a fare cronaca sull’educazione, come si evince dal testo “Alla ricerca della pedagogia perduta” di Giuseppe Vico (La Scuola, Brescia 2000), che vuole creare un connubio tra memoria e progetto dell’esperienza educativa.