(12/04/2016)
DOMENICA IL REFERENDUM ABROGATIVO SULL'ESTRAZIONE DEGLI IDROCARBURI IN MARE
Affinché sia valido, è necessario raggiungere il quorum del 50% più 1

di Samantha Berardino

Si svolgerà domenica prossima 17 aprile il referendum per proporre l'abrogazione della norma che concede di protrarre le concessioni per l'estrazione degli idrocarburi, sino all'esaurimento della vita utile dei rispettivi giacimenti. La disposizione riguarda esclusivamente le trivellazioni in mare già attive, che operano a una distanza non superiore a 12 miglia nautiche dalla costa.

Se vincerà il sì, il referendum, quindi, approverà l'abrogazione, le concessioni giungeranno alla scadenza prevista senza poter essere rinnovate ulteriormente. Dopo 45 anni, quindi, le trivelle si fermano anche se il giacimento non è esaurito.

Se vincerà il no resta in vigore la norma introdotta dal Governo Renzi con la Legge di Stabilità 2016 che prevede l’estensione automatica delle attività estrattive fino ad esaurimento del giacimento, solo per le trivelle situate entro le dodici miglia nautiche dalla costa.

Perché il referendum sia valido, è necessario che si rechi alle urne la maggioranza degli aventi diritto e si raggiunga così il quorum. Nel Referendum, infatti, il non-voto rappresenta una espressione attiva di voto, in quanto il non raggiungimento del quorum dei votanti (il 50% più 1) annulla la validità della consultazione referendaria.

Il referendum sulle trivelle del 17 aprile 2016 è stato promosso per l’abrogazione di una norma introdotta con la legge di stabilità 2016 che prevede l’estensione delle concessioni per le attività estrattive entro le 12 miglia nautiche dalla costa fino ad esaurimento del giacimento e non fino a 40/45 come con la previgente normativa.

Il Governo, tuttavia, ha già provveduto a vietare nuove trivellazioni entro le 12 miglia marine, nel mar Tirreno e nel perimetro esterno delle aree marine e costiere protette. Tuttavia, ad oggi, le concessioni autorizzate prima del 2013 possono continuare fino all'esaurimento delle risorse da estrarre.

La ricerca di idrocarburi liquidi e/o gassosi nel mare italiano può avvenire – con determinate limitazioni poste ai fini della salvaguardia delle coste e della tutela ambientale – solo in determinate zone marine. In Italia sono presenti e autorizzate complessivamente 79 piattaforme marine, di cui 31 situate oltre le 12 miglia e 48 entro le 12 miglia,: tali impianti hanno prodotto nel 2015 circa 622 milioni di metri cubi di gas (pari all'1,1% dei consumi complessivi del 2014).

Sempre entro le 12 miglia, sono presenti altre 17 concessioni in scadenza dal 2017 e che termineranno nel 2027. Queste concessioni, nel caso di vittoria del «sì» al referendum, non potranno essere prorogate dopo il 2027.

Le trivelle oggetto del referendum sono le sole situate nella fascia di 12 miglia nautiche dalla costa: in Italia sono 21: 7 in Sicilia, 5 in Calabria, 3 in Puglia, 2 in Basilicata, 2 in Emilia Romagna, 1 nelle Marche e 1 nel Veneto. Il referendum dunque riguarda solo un terzo dei giacimenti estrattivi esistenti nel nostro paese.

L'inquinamento prodotto in normali condizioni d'utilizzo su pesca e vita marina – insieme ai rischi di disastro ambientale in un mare chiuso in caso di malfunzionamento – sono due dei principali argomenti portati a sostegno del referendum.

In Adriatico  l’Italia è l’unico paese ad avere decine di  concessioni e piattaforme in mare anche a ridosso della costa. La Croazia, l’altro Paese ad avere piattaforme installate nel mar Adriatico, ha solo 19 piattaforme per l’estrazione di gas localizzate al centro dell’Adriatico, a ridosso del confine delle acque di sua competenza. Qualche settimana fa la Petroceltic ha fatto dietrofront rispetto a un permesso di ricerca a largo delle isole Tremiti e la Shell per le sue attività nello Ionio. In conclusione, sono le stesse compagnie petrolifere a non ritenere conveniente puntare su nuove attività estrattive nel mare italiano.

Nessun posto di lavoro è a rischio per colpa del referendum. A mettere in pericolo quei posti di lavoro, semmai, sono la crisi del settore, la riduzione dei consumi nazionali di gas e petrolio e la mancanza di una seria politica energetica nazionale. Inoltre se vince il Sì, le piattaforme non chiuderanno il 18 aprile ma saranno ripristinate le scadenze delle concessioni rilasciate, esattamente come previsto prima della Legge di Stabilità 2016. Inoltre, lo smantellamento delle piattaforme potrà creare nuova occupazione.

Il quesito del referendum trivelle del 17 aprile è piuttosto tecnico e questo potrebbe scoraggiare il voto. Ma punta a una scelta di campo in tema di energia, quindi è un referendum politico, e riguarda tutti.