(29/02/2016) GIOACHINO ROSSINI, IL NAPOLEONE DI UN EPOCA MUSICALE di Alfonso De Capraris | ||
![]() Gioachino Rossini | ![]() La Tomba di Rossini | |
Ricorre oggi il 224° anniversario della nascita di Gioachino (Gioacchino-Giovacchino Antonio) Rossini, artista poliedrico ed eclettico come pochi altri, oltre che estremamente prolifico, in quanto autore di una smisurata produzione, in cui passa con grande disinvoltura da un genere musicale all’altro, in tutti lasciando un segno indelebile delle proprie capacità e del proprio stile per certi aspetti innovatore. Elencare tutte le sue opere risulterebbe oltremodo arduo, ma qualche accenno per summa capita lo si può tentare, a cominciare dalle Opere liriche, ben 40, di cui la prima “Demetrio e Polibio”, composta all’età di appena quattordici anni, nelle quali rifulge di una luce tutta propria l’arte del bel canto. Rossini si cimentò con altrettanta bravura e risultati eccellenti nel comporre musica sacra, di cui alcune Messe, valga per tutte la “Petite Messe Solennelle”, ed altri pezzi fra i quali spicca per la forte emotività che ne scaturisce lo “Stabat Mater”. L’uso della voce umana, a cui il pesarese riserva una parte di primissimo piano nella sua arte, lo si ritrova con altrettanta impareggiabile maestria in una variegata quantità di composizioni, che vanno dalle Cantate, ai Cori ed alle Arie per voce con accompagnamento di strumento, delle quali la prima “Se il vuol la molinara” risale al 1801, quando il musicista aveva nove anni. Naturalmente il Maestro non trascurò la musica strumentale, a cui si avvicinò per la prima volta quando aveva appena dodici anni con le “Sei sonate a quattro”, con cui dimostrò subito di avere una perfetta conoscenza e padronanza degli strumenti, tali da far pensare ad opere composte da un musicista già maturo. È risaputo che Gioachino Rossini nel 1829 all’età di 37 anni con la sua ultima Opera, il “Guillaume Tell”, decise di chiudere con il teatro dell’opera, avendo visto nell’incalzante Romanticismo una certa inconciliabilità con la propria arte, questo, però, non volle significare che il Maestro si fosse ritirato a vita privata, anzì tirò fuori dal suo cilindro i famosissimi “Péchés de vieillesse”, quattordici volumi di una raccolta di pezzi per pianoforte, con cui riuscì a tratteggiare con buon gusto, sottile ironia e buon umore situazioni e personaggi del quotidiano. Non è un caso che le spoglie mortali di questo “Napoleone di un epoca musicale”, come ebbe a definirlo Giuseppe Mazzini, dopo la loro tumulazione avvenuta nel 1868 nel cimitero del Père-Lachaise di Parigi, diciannove anni dopo furono traslate nella Basilica di Santa Croce in Firenze, dove riposano accanto agli altri Grandi della storia dell’Italia. Alfonso De Capraris. | ||