(19/02/2016)
STORIA : 47 CONTADINI DI SANT'AGATA ARRESTATI PER FURTO DI " LAMPASCIUNI "
47 Contadini di Sant'Agata arrestati per furto di " Lampasciuni " era il 1922

di Dora Donofrio Del Vecchio


Con questo titolo nel “Foglietto di Lucera”, del 12 marzo 1922, nella pagina “Corriere della Capitanata”, leggiamo:
“S. Agata di Puglia, 8 - I “lampasciuni” che fino a qualche anno fa costituivano un prodotto insignificante e quasi una “res nullius” hanno invece ora acquistato un gran valore economico per la forte esportazione che si fa di dette cipollette…
All’ufficio della R. Procura di Lucera sono stati trasmessi gli atti del procedimento penale a carico di 47 contadini di S. Agata di Puglia, ritenuti responsabili di furto di “lampasciuni”, raccolti senza il permesso del proprietario, nel fondo del sig. Alfonso Barbato.
Di detti imputati ben 26 sono stati anche arrestati. Si apprende che l’autorità giudiziaria ha concesso a costoro la libertà provvisoria”.
Fin qui la cronaca che meriterebbe lungo commento sulle condizioni di miseria e precarietà dei contadini e sullo stato di bisogno che spinge ad infrangere ogni buona regola.
Certo, trovarsi una cinquantina di persone estranee a raccogliere “lampasciuni” nella propria campagna non dev’essere stata una bella sorpresa. Ma “lu sazzije nu ngrère a lu resciùne!”, recita un proverbio santagatese. Un proverbio che qui calza a pennello. Non vogliamo conoscere i nomi degli infelici, infelici perché a raccogliere “lampascioni” (in dialetto sanatagatese cepurrìne, in italiano cipolline dal ciuffo), non andava certamente chi viveva nell’agiatezza. Bisognava lottare con il gelo, con zolle dure, scavare, scavare perché li cepurrine si trovano in profondità. Allora non si vendevano a peso ma a “misura”. E per farne una “misura” quanto cammino, quanto tempo, quanto freddo nelle ossa, quanto lavoro e, in questo caso, a quale rischio! Colpì la sensibilità poetica di Gino Marchitelli un episodio analogo, e ne nacque una lirica straordinaria. E’ un quadro di disperazione che riguarda non santagatesi ma forestieri, uomini e donne, sorpresi a scavare cepurrìne in quel di Palino. Dovevano assicurare un boccone di pane alla famiglia. Essi pure avevano scavato in “tèrra r’alde”, in una campagna di proprietà altrui. Ammanettati, le donne avvolte nei loro scialli, in fila, la testa bassa, attraversarono la piazza di Sant’Agata. Il carcere era la loro destinazione.

Tèrra r’alde
Erene na recina re frustiére
ngappète ra li quarte re Paline.
Uomene ammanettate
fémmene arravugliète nd’a lu scialle
purtète a ffila
e tutte a cchèpa vascia
pe la chiazza. Ra la matina priéste
facènne cepurrine
méne aggranghète nd’a la terra fredda
uocchie arrussète ra la voria a raspa,
n’avèvene scavate
si e nnò nu miézzequarte.
Manghe abbastande pe accattè ru ppène
pe llore e ppe re vvocche che aspettàvene
condènde re stè sazie
pe nu iuòrne.
G. Marchitelli
(dalla raccolta Piézze re ciéle, Edigraf, Foggia 1991, pp. 27-28).
Dora Donofrio Del Vecchio