Domenica 31 luglio del 1701 un fulmine, durante una tempesta, colpì il campanile della chiesa matrice di S. Nicola, ove si stava celebrando la festa in onore di S. Ignazio di Loyola della Compagnia di Gesù. Dal campanile il fulmine arrivò alla Madonna dell’Arco, passando attraverso la muraglia per finire sotto terra.
Il campanile fu danneggiato e nel crollo furono feriti o colpiti a morte alcuni dei presenti, tra cui quelli che stavano sopra per suonare le campane. Ma per grazia di Dio molti della moltitudine radunata per la festività rimasero illesi.
Una tragedia in cui il notaio don Nicola de Filippis, che fu testimone diretto, che ne fu impressionato e ce ne lascia memoria nei suoi Atti notarili, vede sì il miracolo divino ma anche l’ira di Dio.
(Atto notarile del 7 agosto 1701 del notaio don Nicola De Filippis.
Il documento è stato trascritto nella forma originale).
“Oggi che sono li 31 di luglio 1701, è cascata una saetta seu un truono al campanile di Santo Nicola matrice chiesa di questa terra di S. Agata ad ore 17 giorno domenica e festa di S. Ignazio della Compagnia di Gesù, ed ivi sul campanaro si trovorno l’infrascritti videlicet: Domenici Croglio alias Mincuzzo figlio di maestro Giuseppe Croglio lo pignataro, seu nipote di Bellissimo qual figlio grande di maestro Francesco Locurcio lo figlio picciolo di Luccio di Gliogliera el figlio picciolo di Carlone fratello al sacristaniello Gerardo Fiano, che detto Gerardo per casualità non vi si trovò atteso lui stava che sonava la campanella di sopra è don Gerardo Marchitiello che quella mattina appunto aveva pigliato possesso della procura dell’accennata Chiesa lo chiamò per forza per farlo scopare la detta chiesa, […] e scopò e tutti gli altri sopradetti restorno a sonare per causa della tempesta, ma loro mala fortuna [ ] poiché già cascò il truono che tagliò la cima di detto campanaro et penetrarono le pietre dentro dove stavano li sonatori e [colpirono] la capo di Domenico Croglio seu Mincuzzo che lo fece baldazzare da sopra la campanella picciola a basso dove sta la portella dell’orologio, a tal segno, che à pena si confessò per mano di don Gerardo Caprarijs, […] et subito si seppelì requiescat: Gli altri tutti furono feriti, chi alla testa, chi alle spalle e chi per tutto il corpo […] il Pignataro è stato più di un giorno a letto a curarsi, altri si disse dal medico che non vi era speranza, ma però non è morto, e il figlio di Locurcio pessimamente è stato con la mano, gli altri bambinotti li salvò l’innocenza ch’è solita far tali miracoli. Nel cimiterio a quella ora stava il rev. don Gaetano Caprarijs, il rev. don Gerardo Cancellaro, lo chierico Carlo Tramutola et lo chierico Guglielmo Croglio […] ma non piaccia diomai essi fussero trovati in disparte dal muro di detto cimiterio che dalla Pietra lunga del campanaro dove stava la croce, e la bandaria[1] là stavano tutti ammassati stante era dal cantara[2], a tal segno che […] don Caprarijs e don Cancellaro dovevano morire ma per speciale aiuto loro sono rimasti intatti et illesi, et [ ] Tramutola sono stati a letto 4 giorni che furono lapidati alli reni.
Hor doppo aver [causato] il scasso del campanaro il truono se venne per dentro la muraglia, ed uscì alla Madonna Dell’Arco a fronte alla casa di Nuntio di Gilia, et se ne andò per sotto terra .
Item loquor […] non mentior omnia haec scripsi ad aliorum exempla et cogitando Dei iram […].
Die septima mensis Augusti 1701 d. Nicola Zefilippus.”
Dora Donofrio Del Vecchio