(31/03/2018)
ECCELLENZE CHE ONORANO SANT'AGATA DI PUGLIA: EGIDIO MELE


di Redazione

Egidio Mele, dopo aver percorso la carriera dirigenziale del Servizio Sanitario Nazionale sino a ricoprire l'incarico di direttore generale della ASL di Foggia, è approdato alla poesia nella maturità. Alla sua prima raccolta poetica, intitolata CHIAROSCURI ( Edizioni del Rosone - Foggia, 1998 ), è seguita la silloge   MONOLOGHI DELL’ATTESA (Rolando Editore - Napoli, 2009), entrambe precedute dall'accurata e circostanziata Presentazione del prof Giuseppe De Matteis, ordinario di Letteratura Italiana presso l'Università degli Studi di Pescara. Si sono interessati alla sua poesia anche l'Italianista Aldo Gabrielli e il professore universitario Mario Marti, le riviste di cultura e arte "Il Meglio", "Il Rosone", "La Puglia" di Foggia e "Alla Bottega" di Milano nonché i giornali "Il Provinciale",il "Roma" e "La Gazzetta del Mezzogiorno".

Riportiamo le seguenti sue poesie, pregne d'amore per il nostro Paese.

Sant’Agata di Puglia

Caro paese, ove ho vissuto bimbo

all’ombra del castello sotto il cielo stellato,

con palpitanti lucciole nel cavo delle mani,

e nei meriggi contro il sole in corsa

per mezza costa e vicoli sonori.

D’inverno poi, nell’aria stupefatta

delle nevicate, quante guerriglie

fra allegri ruzzoloni e scivolate

su spianate di neve per far piste!

*

Rivedo il campo di San Carlo

che a san Pasquale ospitava la fiera

gremita di animali e merce varia,

ove in gioiosi scambi o in crude trattative

una stretta di mano era contratto.

Dopo la mietitura i mannelli di grano

venivano impilati sull’intero suo spazio,

dal Cimitero attiguo al diruto Convento,

e gli umidi covoni, in breve tempo,

nell’afa m’inchiodavano nell’ombra

del gelso rosso prossimo che offriva

con la frescura more.

*

Ave Maria! Per il sentiero antico,

dopo la sosta alla Fontana Vecchia,

rientravano in paese i contadini

a piedi o in groppa ad asini gravati

da sospese fascine e cesti colmi

di frutta e di verdura.

*

Dopo il tramonto a coppia le ragazze

facevano la spola dalla Piazza al Perillo,

a passo lento, in provocante attesa,

o con alteri scatti se l’approccio

era tentato in modo non gradito.

*

Al calar della notte, in Luna nuova,

nell’insolita oscurità il castello

si stagliava nel cielo numinoso.

Con toni gravi i vecchi raccontavano

di dame e cavalieri a spasso nel cortile

o in controluce apparsi alle finestre.

E tuttora mi turba ricordare

le trepide ore insonni, ad occhi chiusi,

quando mutava il vento tra le imposte

in ansito del Cavaliere acefalo

che scendeva in paese per rapire

i bambini monelli, ancora svegli.

 

Sentori di Agosto

Sant’Agata di Puglia

*

Del torrente resta misero un rivo

che stenta serpeggiando per il greto

lambendo sassi levigati e muschi

esausti tra gli sterpi delle sponde

e dove il corso si riposa in pozze

anima allegre frotte di girini.

Un arido canneto a tratti ondeggia

con le sue chiome superbe dimesse

ad aliti di vento che diffondono

vaghi sospiri e languidi lamenti.

E mi par di vedere fra le canne

Pan sublimare nel flauto il dolore

per la ninfa Siringa, a lui sottratta

nell’atto di ghermirla sul Ladone.

Quale superba dolcezza in un mostro

aduso per capriccio alla violenza!

Da uno stupro fallito un tal tormento

o dai dardi di Eros egual rimorso?

E certo accadde che la dea Nemesi

volle che Pan sentisse dell’amore

l’essenza dolceamara e la follia.

*

Subentrano in controra i tocchi acuti

del campanaccio d’un tardivo gregge

che dai rugosi dossi d’Appennino

s’affretta a dissetarsi nel torrente,

ove la “jumèra” si trasforma in “chietra”.

Ricordo i tuffi arditi in quello slargo

dalla sponda rocciosa, ora corrosa,

e le grida d’allarme dei compagni

perché ci allontanassimo dall’acqua.

E poi durante il ritorno in Paese

le incaute scorrerie nei frutteti,

le lunghe soste ai gravidi roveti

e alla Fontana Vecchia per cercare

di togliere le macchie di quei frutti

dalle camicie a rischio di strapparle

in un tempo in cui spesso si scriveva

con un inchiostro al succo d’amarena.

*

È ora di rientrare. Sfumano ombre

in toni meno accesi, più adeguati

ad una vita offerta in chiaroscuro.

Nell’aia della prossima campagna

l’asino con il carico è già pronto.

Attendono i rintocchi di campana

della chiesa matrice con l’invito

di rivolgere a Maria una preghiera.

Madre daunia

Ti rivedo in penombra

sul vetrice consunto

accanto al misero

camino di cinigia

ove sempre più spesso

anticipi la notte.

Le mani in grembo aperte

finanche nel torpore

sono come maggese

che senza posa è pronto

ad ogni far dell’alba

e fonte di preghiere

per grani di rosario

che sulle labbra fremono

ch’io le ripeta in pace.