(12/06/2017)
LA DEVOZIONE DEI SANTAGATESI VERSO S.ANTONIO


di Dora Donofrio Del Vecchio

La devozione antoniana, fra le più sentite dai santagatesi, è strettamente legata alla predicazione ed alla presenza plurisecolare dei Francescani in Sant’Agata di Puglia. 
Un altare dedicato al Santo era nella chiesa del convento di S. Carlo (abbattuto nel 1963), un altro era ed è nella chiesa dell’Annunziata, detta anche di S. Antonio.
Allo svolgimento della festa, alla manutenzione della cappella e della chiesa, ad incrementare il culto verso il Santo taumaturgo contribuì la confraternita di S. Antonio, la cui presenza è attestata dal 1500. Rimasta attiva fino al secolo scorso, associò molti devoti del Santo, e ne fu priore anche il marchese Enrico Loffredo. Essa aveva la sua campana sul campanile della chiesa e nel 1881 diede vita al gruppo del Terz’Ordine francescano. 
A confermare lo spessore del culto antoniano sono l’adozione del nome Antonio/a, le numerose donazioni di beni mobili ed immobili, come uliveti, terreni seminativi, vacche, pecore, rendite su capitali, un molino ad acqua, ori, argenti, varie espressioni di pietà popolare. 
 Al Santo le spigolatrici la sera, al ritorno dai campi, donavano un manipolo di spighe che riponevano in grossi contenitori messi all’ingresso del paese; il martedì un confratello girava per il paese per elemosinare l’olio per tenere accesa la lampada del Santo; altri giravano per le aie per la questua del grano durante la trebbiatura. Molti bambini, ma anche adulti, per voto indossavano l’abito francescano simile a quello del Santo per tredici mesi, a partire dal 13 giugno. Nei tredici martedì che precedevano la festa, nei giorni della “tredicina” ed il 13 giugno devoti preparavano con farina propria o raccolta per elemosina il “pane di S. Antonio” che distribuivano dopo la benedizione a poveri e fedeli; altri, elemosinando, raccoglievano il denaro sufficiente per far celebrare sante messe o “messe pezzenti” in onore del Santo. Per molti anni del secolo scorso le spese per la festa, il predicatore, il “pane” furono sostenute dai “Fratelli Fredella Molini e Pastificio”. 
La festa si svolgeva con pompa e solennità: sante messe, panegirico, banda, spari, orchestra, luminarie. Il giorno 12 si tenevano le Quarantore di adorazione eucaristica con la processione serale. Per il giorno 13 s’interrompevano tutte le attività. Alla imponente spettacolare processione partecipavano il clero, le confraternite, fanciulle bianco vestite, fedeli scalzi per voto o grazia ricevuta, molto popolo. La statua di S. Antonio, ricoperta di ori votivi e arricchita da profumatissimi gigli, veniva portata per quasi tutte le strade del paese, anche per quelle sotto al castello. Tutte le strade processionali erano adorne di coperte ricamate che pendevano dai balconi. Due maestosi “pali” (poi solo uno) a forma di albero, ammantati di gigli e ciliegie,  erano stati preparati ed erano portati da gruppi di devoti. Al ritorno in chiesa la statua non si riponeva nella nicchia, ma sull’altare, perché l’ultima domenica di giugno si riprendeva e in processione, per un breve tratto di strada, si portava fino al Ponte dell’Annunziata. Qui S. Antonio rivolgeva il suo sguardo ai campi, che venivano benedetti e affidati alla Sua protezione.
La festa in onore di questo grande Santo, discepolo prediletto di S. Francesco d’Assisi, evangelizzatore, “martello contro gli eretici”, dottore della Chiesa, è organizzata dai Padri francescani del convento dell’Annunziata con i quali collabora un attivo Comitato.  È sempre molto attesa e vissuta con profonda immutata fede da tutto il popolo. 

Dora Donofrio Del Vecchio

( Confraternita di S. Antonio di Padova e SS.ma Annunziata )